Migliaia di pellegrini ad Assisi per la Festa di San Francesco, Patrono d'Italia
Era la sera del 3 ottobre 1226: San Francesco lasciava questa terra dopo aver aggiunto
al Cantico della Creature gli ultimi versi dedicati a “sorella morte”. Prima di spirare
il Poverello chiese di essere deposto nudo sulla nuda terra nei pressi della Porziuncola.
Come ogni anno in questo luogo, presso la Basilica papale di Santa Maria degli Angeli,
si celebra il Transito del Santo: momenti di liturgia si alternano ad altri di rievocazione
storica come il commosso saluto di frate Jacopa e il pianto di Santa Chiara e delle
Povere Dame sul corpo del Poverello a San Damiano. Domani, ad Assisi, la celebrazione
nazionale del Santo a 70 dalla proclamazione di Francesco, Patrono d’Italia. I festeggiamenti
vedono quest’anno coinvolti in prima linea i fedeli lucani. Alla Basilicata infatti
tocca, per mano del sindaco di Potenza, l’accensione della lampada votiva dei comuni
d’Italia presso la tomba del Santo. Ma qual è l’attualità del messaggio di San Francesco
per l’Italia? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Giancarlo Rosati,
ex ministro provinciale dei Frati Minori dell’Umbria: R.
– Il pellegrinaggio è un modo molto bello di esprimere la propria fede. Recarsi a
San Francesco, incontrare i luoghi e la figura di San Francesco, io direi anche Santa
Chiara, vuol dire esprimere amore e tornare ad attingere il messaggio e la vita di
San Francesco.
D. – Quest’anno il pellegrinaggio
che coinvolge i fedeli lucani si svolge nel 70.mo anniversario della proclamazione
di San Francesco Patrono d’Italia…
R. - Quest’anno
dalla Lucania, che è una piccola regione, ci sono già settemila pellegrini ad Assisi,
vuol dire che San Francesco è qualcosa di vivo, di attuale. L’attualità di San Francesco
è l’attualità del Vangelo. E’ quasi uno slogan, si dice che Francesco è “il più santo
degli italiani e il più italiano dei santi”. E’ espressione della nostra cultura,
della nostra terra, e all’inizio anche un po’ della letteratura italiana, e questo
è sempre attuale.
D. - San Francesco era un uomo
pacificato, un uomo che riuscì a stabilire un’armonia tra le creature e il Creatore.
Come questo può contribuire anche a sanare quelle lacerazioni nei dibattiti politici
e nell’attualità italiana?
R. – Io vedo che non ci
si ascolta più perché non si valorizza più l’altro. Credo che una delle cose grandi
di Francesco sia la sua attenzione ad ogni essere umano, anche quelli “contrari”.
D.
– Settant’anni dalla proclamazione di San Francesco Patrono d’Italia ma non solo,
ricorre quest’anno anche l’ottavo centenario dell’approvazione della Regola francescana.
Come oggi i francescani raccolgono l’eredità di San Francesco e come affrontano le
sfide poste dal mondo contemporaneo?
R. - Io direi
con fatica perché noi più che guardare a Francesco dobbiamo guardare a Gesù con gli
occhi di Francesco, con lo stile di Francesco, con la passione di San Francesco. Noi
ci troviamo in un tempo in cui il nostro ordine così variegato sta sperimentando tempi
di crisi. Credo che oggi in ogni forma di vita consacrata bisogna ritrovare una radice
“monacale”, cioè il ritorno a Dio e la comunione profonda con Dio, lì è l’inizio di
tutto: a partire da questo ancoraggio forte con il Signore noi dobbiamo rivolgerci
agli uomini fratelli a cui testimoniare la bellezza di una vita con Gesù, quindi riannunciare
anche verbalmente questa bellezza.
R. – Quindi ripartire
dalla comunione nella preghiera, con Cristo, perché altrimenti si rischia di disperdersi
nel fare…
R. – Assolutamente. Di Francesco e di Chiara,
come dicevo prima, noi raccontiamo i frutti ma ci sono anni, per Francesco penso 3,
4, 5 anni, in cui lui è stato solo: da quando ha lasciato la sua famiglia è vissuto
al margine della città e stava con i lebbrosi, lavorava la terra, viveva in piccole
chiese, pregava. Sono stati anni fecondissimi per lui, in cui la grazia di Dio lo
ha lavorato e poi, quando era pronto, il Signore gli ha riunito intorno tanti giovani
ed è nata questa fraternità. Pensi che dal 1209 fino al 1221, quando ci fu il Capitolo
delle stuoie, in 12 anni, cinquemila giovani d’Europa già seguivano il Vangelo nello
stile di San Francesco, in più poi le clarisse.