In occasione della Solennità di Pentecoste, l’arcivescovo di Juba, Paolino Lukudu
Loro, ha redatto un messaggio in cui ha ricordato che, in nome del ruolo fondamentale
assunto dalla Chiesa nella fase di stipulazione dei Comprehensive Peace Agreement
(CPA), le istituzioni religiose devono continuare ad adoperarsi per la difesa della
pace. Questo insieme di trattati, firmato nel 2005 a Nairobi da membri del Sudanese
People’s Liberation Movement (SPLA) ed esponenti della giunta militare di Khartoum,
ha messo fine ad oltre venti anni di guerra civile. Nel suo messaggio, mons. Loro
ha descritto i CPA come “un dono di Dio, una risposta alle preghiere dei fedeli per
la giustizia, la pace, la prosperità, il rispetto dei diritti, e della dignità umana”.
L’arcivescovo ha poi lanciato un appello alle popolazioni del sud del Sudan affinché
si uniscano nella difesa degli Accordi, ritenuti essenziali per la risoluzione dei
conflitti che affliggono il Paese africano. Mons. Loro ha anche condannato pubblicamente
i massacri tribali, gli scontri nei pressi del Nilo e del Bahr el Ghazal, le azioni
compiute dai ribelli appartenenti alla Lord Resistency Army (LRA), i sequestri dei
bambini, in aumento nella regione a est di Juba e che il presule definisce “disumani”,
i numerosi traffici di armi e i movimenti di gruppi di uomini armati. Infine, l’arcivescovo
di Juba parla del recente conflitto tra le comunità di Bari e Mundari e lo definisce
un paradosso: “La coesistenza storica tra le due comunità non deve essere turbata.
I due gruppi hanno condiviso per anni i confini, la lingua, i nomi dei clan e dei
villaggi; hanno celebrato matrimoni interetnici; hanno vissuto sotto la medesima leadership;
hanno combattuto insieme contro nemici esterni e hanno accettato le reciproche soluzioni
politiche”. “Coloro che sono causa del conflitto – ribadisce con forza mons. Loro
- devono arretrare immediatamente, in quanto nemici della pace”. Il presule poi conclude:
“Questa guerra e tutte le azioni criminali hanno un impatto estremamente negativo
anche sulle altre comunità e sul governo dello Stato sudanese del Central Equatoria,
che ha perso credibilità e autorevolezza”. (I.A.)