I sacerdoti dell'Africa meridionale discutono della loro condizione
I sacerdoti dell’Africa meridionale si sono riuniti al monastero di Mariannhill, nella
provincia sudafricana di KwaZulu-Natal per fare il punto sulle sfide da affrontare
E’ il Meeting generale annuale del Southern african council of piestrs (Sacob), organismo
legato alla Conferenza episcopale cattolica dell’Africa meridionale (Sacbc) che comprende
i vescovi di Botswana, Sudafrica e Swaziland. Fra i temi affrontati ci sono l’anno
sacerdotale e la violenza che ha colpito numerosi sacerdoti, ma anche la Coppa del
mondo di calcio – che nel 2010 si giocherà in Sudafrica – come opportunità di mostrare
il dinamismo del cattolicesimo africano. Durante l’incontro, riferisce l’Osservatore
Romano, il presidente della Sacbc, l’arcivescovo di Johannesburg Buti Joseph Tlhagale,
ha raccontato che “spesso un vescovo si trova bloccato tra le legittime richieste
sia dei sacerdoti sia dei laici” e ha consigliato ai presuli e ai sacerdoti di fare
di una valutazione personale critica il “pilastro centrale” per migliorare le relazioni.
Perché “l’amicizia non può essere acritica”. Il vescovo di Kroonstad, Stephen Brislin,
incaricato del collegamento fra Sacob e Sacb, ha detto che il sacerdozio è indebolito
“da una perdita di identità cattolica fondamentale”. Il sacerdozio, ha ricordato,
“non è un lavoro ma una vocazione” e “il prete deve assumersi la responsabilità del
proprio sacerdozio”. Il vescovo di Keimoes-Upington, Edward Gabriel Risi, ha poi ricordato
che la Chiesa cattolica dell’Africa meridionale ha “anticipato i tempi”, realizzando
la nuova traduzione in inglese delle parti del Messale romano che riguardano i fedeli
e “hanno già ricevuto la recognitio”. (V.F.)