Terremoto a Sumatra: forse migliaia di vittime. L'appello del vescovo di Padang
Continua a salire il bilancio delle vittime causate dal terremoto che ha colpito l’isola
indonesiana di Sumatra: le ultime notizie ufficiali parlano di oltre 700 morti, ma
il numero è, purtroppo destinato a salire. Sarebbero migliaia, infatti, le persone
rimaste intrappolate sotto le macerie. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
Una corsa
contro il tempo, quella dei soccorritori, che scavano con martelli, scalpelli, ma
anche con le mani nude tra i detriti alla ricerca dei sopravvissuti. I feriti vengono
curati all'esterno degli ospedali crollati, non lontano dagli obitori di fortuna messi
in piedi per raccogliere i cadaveri. La città più colpita, secondo le autorità, è
Padang, che sorge un’area densamente popolata, e che ospita circa tre milioni e mezzo
di abitanti. Una situazione drammatica, insomma, peggiorata ulteriormente dalle forti
piogge che stanno colpendo l’isola di Sumatra; l’acqua, infatti, rallenta l’opera
di recupero delle vittime del sisma, mentre aumentano i rischi di epidemia. Si teme,
insomma, un’ecatombe; c’è chi parla di almeno 5.000 morti, una cifra superiore a quella
dello tsunami che si abbatté sulla stessa area nel dicembre del 2004.
Sulla
situazione nelle zone terremotate Sergio Centofanti ha sentito il vescovo di
Padang, mons. Martinus Dogma Situmorang, che ricopre anche gli incarichi di
presidente della Conferenza episcopale indonesiana e della Caritas nazionale:
R. – Le informazioni
sono molto sporadiche e frammentarie, perché le comunicazioni sono interrotte del
tutto. L’intensità della calamità senz’altro è immensa: i lavori di scavo continuano
in cerca di superstiti.
D. – La Chiesa sta già portando
aiuti alle popolazioni locali?
R. – Sì, senz’altro!
I nostri sono già in moto, sono già sul posto. Anche la Caritas internationalis è
già in contatto con noi. Per quanto io sappia, la parte dove abitano i nostri cattolici
è gravemente colpita e senz’altro ci saranno molti morti, lì.
D.
– Vuole lanciare un appello alla comunità internazionale?
R.
– Senz’altro, anche se secondo me quasi non c’è bisogno di fare un appello, perché
la comunità internazionale è sempre molto sensibile e molto rapida nel portare soccorsi.
Ma comunque, secondo me, è un dovere di ciascuno aiutare chi ha perso tutto, no?
Ma
quali notizie giungono da Giakarta? Lo abbiamo chiesto a padre Jósef Forró,
segretario di nunziatura in Indonesia:
R. – Abbiamo appena parlato con
alcune suore che hanno una scuola lì e dicono che nella scuola 60 studenti sono rimasti
sotto le macerie. Adesso bisogna pregare per loro affinché li possano salvare.
D.
- Intanto si continua a scavare...
R. – Stanno cercando
sotto le macerie, ecco, poi chissà se troveranno cadaveri o persone ancora vive.
D
. – Si dice che nelle zone terremotate hanno bisogno praticamente di tutto...
R.
- Sì. Hanno bisogno praticamente di tutto, proprio di tutto. Poi c’è il pericolo dello
tsunami.
D. – Anche la Chiesa italiana si è messa
in moto?
R. – Sì, mi hanno chiamato già dall’Italia,
dalla CEI, poi vediamo: adesso stanno trattando la questione, si vedrà.
Proprio
a Padang sono arrivate le prime squadre di soccorso di “Terre des hommes”, già presente
in Indonesia dal 2004. Salvatore Sabatino ha sentito Bruno Neri, responsabile
emergenza della Ong:
R. – In questo
momento stiamo lavorando. Siamo in contatto con delle Ong partner a Padang, che si
sono attivate per intervenire nel campo medico e stanno prestando soccorso ai feriti;
hanno avuto a disposizione dal governo delle tende. Allo stesso tempo, c’è un gruppo
che sta aiutando la Croce Rossa locale al recupero delle persone che sono ancora sotto
le macerie e all’evacuazione delle persone più a rischio, per portarle in posti più
sicuri, anche perché in questo momento c’è molta pioggia e ci sono molti casi di bambini
con malattie respiratorie, tosse, febbre.
D. – Arrivano
notizie preoccupanti anche per quanto riguarda un ospedale crollato…
R.
– Le tende che ha dato a disposizione il governo sono state installate là vicino,
per recuperare i feriti dell’ospedale e dare loro una prima accoglienza, un primo
riparo.
D. – Avete bisogno di materiali particolari?
Vuole lanciare un appello?
R. – Abbiamo lanciato un appello
per la raccolta di fondi, perché i problemi che abbiamo in questo momento sono quelli
per l’alloggio, quindi tende, coperte, vettovagliamento per cucinare e poi medicine
per i bambini.