2009-10-01 14:57:54

I vescovi canadesi dicono no all'eutanasia e sì alle cure palliative


Non bisogna fraintendere: eutanasia e suicidio assistito non sono atti di compassione verso i più vulnerabili. In una lettera ai parlamentari canadesi, il presidente dei vescovi del Canada, monsignor Vernon James Weisberger, arcivescovo di Winnipeg, ha invitato a riflettere sulla riapertura del dibattito intorno alla bozza di legge C-384, che mira a legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito nel Paese. “Quelli che desiderano riaprire questo dibattito – ha scritto - sono senza dubbio preoccupati per le sofferenze degli altri. Un senso della compassione frainteso, li ha spinti a praticare l’eutanasia sulle persone più vulnerabili, invece di fornire loro un’assistenza adeguata, un efficace controllo del dolore, un sostegno sociale, emotivo e spirituale fino alla morte naturale”. Ovvero invece che occuparsi di aiutare i sofferenti e le loro famiglie, nella legge si propone di somministrare loro la morte. Quando si tratta di intenzioni e conseguenze, in questo ambito, bisogna essere più chiari possibili, “in modo da assicurare il bene e limitare eventuali danni alle persone direttamente coinvolte e anche all'intera comunità”. Il problema però, come sottolinea l’arcivescovo, è che in questa discussione si usano termini ingannevoli. Senza dubbio per un cattolico “l’uso dei farmaci e di altri mezzi per alleviare le sofferenze è legittimo anche se possono avere come effetti collaterali la riduzione di speranza di vita”. Così come è anche legittimo che qualcuno rifiuti le cure mediche considerate particolarmente gravose. Ma non potrà mai essere accettata l’uccisione diretta e intenzionale delle persone depresse, dei disabili, dei malati terminali, delle persone anziane e dei morenti. Non è possibile proteggere i vulnerabili e al contempo legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito. “Quale fiducia, quale certezza possono avere queste persone - chiede mons. Weisberger - affinché le loro vite vengano poi effettivamente protette dagli operatori sanitari, dalla famiglia, dagli amici e dalla società nel suo insieme?”. Se si ammettono eutanasia e suicidio assistito si cancella il dovere di proteggere la vita altrui. In più, come è emerso in diversi Paesi nei quali queste pratiche sono legalizzate, esiste il rischio che eutanasia e suicidio assistito possano essere imposti al fine di risparmiare sui costi. In Canada questo, ha scritto l’arcivescovo, “è un timore ben fondato”. Aiutare un malato terminale, un depresso cronico o un anziano costa, ma invece che promuovere la morte bisognerebbe pubblicizzare le cure palliative e l’assistenza domiciliare. Per questo i vescovi canadesi, chiedono ai parlamentari di fare attenzione ai termini utilizzati e a ragionare accuratamente sulle conseguenze della legge sulla vita di tutti i cittadini. E chiedono “a tutti coloro che apprezzano la bellezza e la dignità della vita” di impegnarsi in questo dibattito “civilmente e rispettosamente, al fine di testimoniare profondo rispetto della dignità di ogni vita umana”. (V.F.)







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