I temi centrali dell'ultimo Consiglio permanente della Cei nell'intervista del segretario
generale, mons. Mariano Crociata
Conferenza stampa ieri nella sede della Radio Vaticana sulle conclusioni del Consiglio
Permanente della Conferenza episcopale italiana, svoltosi la settimana scorsa a Roma.
Tra i temi affrontati dai vescovi italiani, la cosiddetta "questione meridionale",
con l’auspicio di “un equilibrio tra riforma Federale dello Stato, unità del Paese
e solidarietà”. La legge sul fine vita, “indispensabile per prevenire l’arbitrio”
sulla vita umana, la pillola Ru486 che per i vescovi italiani rischia di “banalizzare
l’aborto” con danni alla salute per la donna. Si è parlato anche dei media cattolici
della Cei, che “continueranno il loro servizio al Paese senza lasciarsi intimidire”.
Luca Collodi ha chiesto a mons. Mariano Crociata, segretario generale
della Cei, quale ulteriore sviluppo sarà possibile per il Progetto culturale della
Cei:
R. - Non
credo che ci sia l’esigenza o meglio la necessità, di parlare di una fase nuova, nel
senso che quello che colgo nel cammino di questi anni, e in quest’anno in particolare,
è non solo il mantenimento dello sviluppo di ciò che il Progetto culturale ha significato,
significa, vuole significare, come animazione a livello alto e anche ad un livello
pastorale della coscienza dei credenti in Italia. D. - Sul piano
etico si discute in parlamento della legge sul fine vita, della pillola RU 486... R.
- Noi siamo profondamente interessati, sensibilmente interessati, a queste questioni,
non in quanto direttamente attori di un dibattito politico, in senso partitico, ma
in quanto vogliamo essere attori e protagonisti di un dibattito sociale, culturale
ed etico, in cui tutti hanno spazio legittimamente. Rispetto alla discussione specifica
sulla legge, io ho avuto modo di ribadire che ci sembra che la legge uscita dalla
discussione, dall’approvazione del Senato, sia un punto di equilibrio sul quale ci
si possa ritrovare rispetto a quei principi e auspichiamo che questo equilibrio sia
mantenuto nel dibattito e nell’esito della discussione alla Camera con il consenso
più largo possibile. E riguardo alla RU 486 noi non abbiamo altro da dire che questo
farmaco rischia di esporre ad un gravissimo pericolo di banalizzazione dell’aborto.
D. - Dopo l’attacco al quotidiano Avvenire che novità ci dobbiamo
aspettare? R. - Mi piace così con molta sobrietà ribadire il
dispiacere per quello che è successo, perché quando la lotta delle idee si trasforma
in attacco alle persone, peraltro con modalità, strumenti indebiti, vuol dire che
non siamo più nello stile e nel clima di una serena convivenza civile. Per quanto
riguarda l’impegno della Conferenza episcopale nei mezzi di comunicazione, a partire
da quelli che adesso fanno diretto riferimento, non c’è nessun cambiamento da attendere
o da mettere in conto, perché nei tempi ragionevoli si procederà alla nomina delle
figure necessarie. E intanto il servizio di questi strumenti continua e continuerà
come è avvenuto finora con lo stesso impegno per la verità e per una comunicazione
serena, pacata, leale, ma anche non timorosa del messaggio che la Chiesa in Italia
vuole far giungere a tutti il più possibile.