30.ma Giornata Mondiale del Turismo sul tema della diversità. Con noi, l'arcivescovo
Marchetto
Si celebra oggi la 30.ma “Giornata Mondiale del Turismo”, dedicata quest’anno al tema
“Il turismo, celebrazione della diversità”. Per l’appuntamento, il Pontificio Consiglio
della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha diffuso un messaggio - a firma
del suo presidente, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò - in cui si sottolinea l’importanza
del turismo come via di conoscenza della ricchezza antropologica, in un’epoca in cui,
accanto al continuo avvicinamento di culture e religioni, sussistono incomprensioni
e pregiudizi, che possono degenerare in discriminazione, xenofobia e intolleranza.
Proprio sul valore del tema della "diversità", Fabio Colagrande ha intervistato
il segretario del dicastero vaticano, l’arcivescovo Agostino Marchetto:
R. - Quest'anno
ricorre la 30.ma edizione della Giornata Mondiale del Turismo e viene dedicata "alla
diversità", una realtà sempre più presente nelle società globalizzate e che è oggetto
di profonde considerazioni. Il tema scelto quest'anno dall'Organizzazione Mondiale
del Turismo, e cioè Il turismo, celebrazione della diversità, fa riferimento a una
delle sue forze trainanti, una delle sue risorse, in quanto pone a contatto
modi di vivere, religioni e storie diverse. Come affermiamo nel Messaggio Pastorale
del nostro Pontificio Consiglio per l'occasione, esso "apre cammini di incontro
con l’uomo nella sua diversità e nella sua ricchezza antropologica". La diversità,
dunque, come dato positivo, come bene che dovrebbe portare a interessarci di culture
diverse per riceverne possibilmente un arricchimento in umanità. L'esperienza della
diversità dovrebbe perciò favorire la crescita e la maturazione personale.
Tutto ciò naturalmente richiede un impegno sia da parte del turista che di chi lo
accoglie per "non chiudersi nella propria cultura". Bisognerebbe essere predisposti
all'incontro, ad aprirsi al dialogo con rispetto. Spesso, lo stato d'animo disteso
della vacanza e il benessere di cui si beneficia nell'essere turisti favoriscono il
superamento della diffidenza verso gli altri e dispongono a superare i propri limiti,
ad apprezzare chi è diverso da noi, fino a far nascere sentimenti di comprensione,
di pace. Nel nostro Messaggio si attesta anche che "nel contemplare la diversità,
l'uomo scopre le tracce del divino nelle orme dell'umano. E, per il credente,
l'insieme delle diversità apre cammini per avvicinarsi all'infinita grandezza di Dio".
D.
- L'ultima Enciclica di Papa Benedetto XVI, Caritas in veritate, dedica un paragrafo
al turismo, scorgendo in esso elementi positivi e negativi. Vuole fare un accenno
al riguardo?
R. - Si tratta di una parte importante
del n. 61, nel quale il Santo Padre, riflettendo sul fenomeno del turismo internazionale,
afferma che esso "può costituire un notevole fattore di sviluppo economico e di crescita
culturale". Il pensiero del Papa spazia nella grande realtà turistica che influenza
un crescendo di milioni e milioni di esseri umani, portando con sé incentivi e benefici
significativi allo sviluppo, purché - osserva il Santo Padre - gli aspetti economici
si combinino con quelli culturali, primo fra tutti l'educazione. Essa, con la formazione
e l'etica, contribuiscono a dotare il turismo di grandi potenzialità, per combattere
la povertà, lo sfruttamento delle risorse e lo svilimento delle culture. Esiste
però il pericolo, come avverte il Santo Padre, che il turismo possa avere una crescita
egoistica, consumistica e non sostenibile. Esso può arrivare perfino a trasformarsi
in occasione di sfruttamento e di degrado morale, come nel caso "del turismo
cosiddetto sessuale, al quale sono sacrificati tanti esseri umani, perfino in giovane
età". Tutti dobbiamo ricordare sempre che il fine ultimo di ogni nostra azione è il
benessere integrale dell'uomo e che, specialmente in questo ambito, è necessario seguire
l'invito di Benedetto XVI a "pensare a un turismo diverso, capace di promuovere
una vera conoscenza reciproca, senza togliere spazio al riposo e al sano divertimento".
D.
- Quale tipo di turismo sarebbe dunque bene sviluppare?
R.
- Vorrei utilizzare un termine che potrebbe forse sembrare un po' retorico, ma che
è carico di significato, quello cioè di un turismo dal "volto umano", che ha nell'accoglienza
il suo centro propulsivo e si caratterizza attraverso l'assunzione di responsabilità
a livello individuale e collettivo. Tale turismo invita a forme più sobrie di comportamento,
mirate alla socialità e alla solidarietà, all'ecologia e allo sviluppo sostenibile.
Ciò presume una convergenza di impegno da parte dei Governi, con apposite leggi
e provvedimenti, delle istanze internazionali, con adeguati protocolli, e della Chiesa,
con la sua presenza pastorale, vigile e caritatevole, per far sì che i diritti delle
persone siano sempre anteposti al mero profitto e che sia accessibile a tutti fruire
dei beni della natura, della cultura e dell’arte. "Un turismo di questo genere va
incrementato, grazie anche a un più stretto collegamento con le esperienze di cooperazione
internazionale e di imprenditoria per lo sviluppo", come scrive il Santo Padre nella
Caritas in veritate (n. 61). La sinergia di intenti, poi, tra i protagonisti del turismo,
cioè gli albergatori, le agenzie di viaggio, i mezzi di comunicazione e gli
istituti di istruzione, può contribuire anche a contrastare le forme più degradanti
di turismo, offrendo dati, per esempio, sulle implicazioni giuridiche per i turisti
che trasgrediscono le leggi. Si dà così supporto legale, psicologico e religioso alle
vittime del loro sfruttamento. La Chiesa, nella realtà concreta delle diocesi, delle
parrocchie, degli operatori pastorali e delle associazioni, si prodiga in favore anche
di quanti accolgono il turismo, ne beneficiano o lo subiscono. Essa desidera offrire
a tutti la sua assistenza pastorale indirizzata a un fenomeno turistico che sappia
valorizzare la dimensione contemplativa della vita, celebrando altresì il giorno del
Signore, che è di festa dell’uomo con Dio.