L'uccisione di don Ruvoletto in Amazzonia. Il ricordo di mons. Biasin
Cordoglio unanime dal mondo religioso, per la barbara uccisione di sabato scorso in
Amazzonia di don Ruggero Ruvoletto, sacerdote italiano fidei donum originario di Padova
e attivo in una parrocchia della periferia di Manaus, in Brasile. Molteplici le iniziative
di preghiera e solidarietà in attesa che la salma del religioso sia rimpatriata. I
fedeli del Centro missionario di Padova, di cui don Ruggero è stato per anni direttore,
hanno vegliato in preghiera l’intera notte, ricordando la sua esperienza di fede,
giunta fino al dono totale della vita. Al microfono di Cecilia Seppia, sentiamo
mons. Francesco Biasin, vescovo di Pesqueira, missionario in Brasile, nonché
amico di Don Ruggero:
R. - Siamo
rimasti senza fiato. La zona di Manaus è una zona molto violenta, è una zona, diremmo,
in espansione disordinata, un po’ abbandonata dalle autorità locali, dove la Chiesa
è una presenza di speranza per tante persone. E’ una zona dove non c’è legge, dove
non ci sono grandi prospettive anche per il futuro. Per cui, don Ruggero lavorando
nell’evangelizzazione e nella promozione umana, si è inserito, si è incarnato sino
al punto di dare la vita.
D. - Lei conosceva personalmente don Ruggero:
che uomo, che sacerdote era?
R. – Era un sacerdote dolce, aveva una ricchezza
umana di cuore così grande che non si poteva non voler bene a don Ruggero. Era una
persona capace di intessere rapporti con tutti, non escludeva nessuno, aiutava soprattutto
i più poveri. Era anche un sacerdote molto preparato dal punto di vista intellettuale
e sapeva capire il cuore dell’uomo in maniera molto profonda.
D. – L’esperienza
di fede di don Ruggero è giunta fino al dono totale della vita. Quale eredità lascia
oggi questo missionario a tutti noi?
R. – L’eredità spirituale che lascia
don Ruggero è l’attenzione agli ultimi, il fare famiglia con queste persone, un’attenzione
molto grande ai giovani, è stato un uomo di grande comunione ecclesiale e di fronte
a lui si smussavano anche le liti. Il profilo spirituale di don Ruggero è quello di
qualcuno che veramente ha saputo dare la vita fino in fondo.
D. – Don Ruggero
viveva e operava a Manaus, a metà strada tra la città e la foresta dove la criminalità
è particolarmente aggressiva e dove violenze di questo tipo contro i sacerdoti accadono
praticamente ogni giorno. Don Ruggero era consapevole di questo?
R. – Sì,
tutti lo eravamo. Questo fatto della morte violenta di don Ruggero ha risvegliato
nella popolazione locale e nella Chiesa di Manaus anche una presa di posizione molto
forte, di fronte alle autorità per richiedere maggior sorveglianza, maggior sicurezza
della popolazione perché fatti di questo tipo sono all’ordine del giorno.