2009-09-21 20:02:16

L'uccisione di don Ruvoletto in Amazzonia. Il ricordo di mons. Biasin


Cordoglio unanime dal mondo religioso, per la barbara uccisione di sabato scorso in Amazzonia di don Ruggero Ruvoletto, sacerdote italiano fidei donum originario di Padova e attivo in una parrocchia della periferia di Manaus, in Brasile. Molteplici le iniziative di preghiera e solidarietà in attesa che la salma del religioso sia rimpatriata. I fedeli del Centro missionario di Padova, di cui don Ruggero è stato per anni direttore, hanno vegliato in preghiera l’intera notte, ricordando la sua esperienza di fede, giunta fino al dono totale della vita. Al microfono di Cecilia Seppia, sentiamo mons. Francesco Biasin, vescovo di Pesqueira, missionario in Brasile, nonché amico di Don Ruggero: RealAudioMP3


R. - Siamo rimasti senza fiato. La zona di Manaus è una zona molto violenta, è una zona, diremmo, in espansione disordinata, un po’ abbandonata dalle autorità locali, dove la Chiesa è una presenza di speranza per tante persone. E’ una zona dove non c’è legge, dove non ci sono grandi prospettive anche per il futuro. Per cui, don Ruggero lavorando nell’evangelizzazione e nella promozione umana, si è inserito, si è incarnato sino al punto di dare la vita.


D. - Lei conosceva personalmente don Ruggero: che uomo, che sacerdote era?


R. – Era un sacerdote dolce, aveva una ricchezza umana di cuore così grande che non si poteva non voler bene a don Ruggero. Era una persona capace di intessere rapporti con tutti, non escludeva nessuno, aiutava soprattutto i più poveri. Era anche un sacerdote molto preparato dal punto di vista intellettuale e sapeva capire il cuore dell’uomo in maniera molto profonda.


D. – L’esperienza di fede di don Ruggero è giunta fino al dono totale della vita. Quale eredità lascia oggi questo missionario a tutti noi?


R. – L’eredità spirituale che lascia don Ruggero è l’attenzione agli ultimi, il fare famiglia con queste persone, un’attenzione molto grande ai giovani, è stato un uomo di grande comunione ecclesiale e di fronte a lui si smussavano anche le liti. Il profilo spirituale di don Ruggero è quello di qualcuno che veramente ha saputo dare la vita fino in fondo.


D. – Don Ruggero viveva e operava a Manaus, a metà strada tra la città e la foresta dove la criminalità è particolarmente aggressiva e dove violenze di questo tipo contro i sacerdoti accadono praticamente ogni giorno. Don Ruggero era consapevole di questo?


R. – Sì, tutti lo eravamo. Questo fatto della morte violenta di don Ruggero ha risvegliato nella popolazione locale e nella Chiesa di Manaus anche una presa di posizione molto forte, di fronte alle autorità per richiedere maggior sorveglianza, maggior sicurezza della popolazione perché fatti di questo tipo sono all’ordine del giorno.







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