2009-09-21 17:07:50

L'evangelizzazione al servizio della pace e della giustizia, in Africa


Con oltre 50.000 istituti di educazione, la Chiesa è profondamente impegnata nella promozione di una cultura di pace e tolleranza in Africa. Per riflettere su come meglio assolvere la missione di evangelizzazione nel continente, i Padri Sinodali si riuniranno in Vaticano dal 4 al 25 ottobre, in occasione dell’Assemblea Speciale per l’Africa, dedicata alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace. Si tratta del secondo Sinodo per l’Africa, a distanza di quindici anni dal primo. Padre Jean-Baptiste Malenge ha chesto a Mons. Nicolas Djomo, Vescovo di Tshumbe e Presidente della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo, come è possibile trasmettere lo spirito di riconciliazione ai giovani africani. Ascolta l'intervista: RealAudioMP3

D. – Come insegnare i valori della pace ai giovani?

R. - Attraverso la nostra Commissione Giustizia e Pace abbiamo sviluppato un vasto programma di educazione alla cultura della pace. Questo programma è stato inserito nel curriculum delle scuole primarie, secondarie e anche delle superiori. Il futuro del Congo dipende dall'uomo che formiamo oggi. Nella Conferenza Episcopale Nazionale del Congo ci siamo detti che uno dei migliori contributi che possiamo dare al futuro di questo Paese è quello di preparare un uomo nuovo per domani. E questo passa attraverso l'istruzione e in particolare l’educazione a una cultura della pace. Attualmente abbiamo dei programmi nelle scuole primarie per parlare ai bambini più piccoli di pace attraverso l'identificazione con Cristo e dire loro - e questo è elementare - che l’altro sono io e che il male che non posso fare a me stesso non lo posso fare al prossimo. È un programma che sta producendo ottimi risultati e lavoriamo insieme ad altre Chiese in modo da raggiungere tutte le comunità credenti nel nostro Paese, cristiane e non cristiane.

D. - I media sono accusati talvolta di attizzare e fomentare l’odio in Africa. Qual è l’impegno della Chiesa per la pace nel nuovo contesto del pluralismo democratico e dei media?

R. - I mezzi di comunicazione sociale sono uno strumento per unire le persone e, come è noto, a partire dal Concilio Vaticano II, la Chiesa ha dato uno spazio importante alla comunicazione della Parola di Dio, ma anche alla formazione delle coscienze. Ciò significa che per tutti i mezzi di comunicazione sociale la questione fondamentale è il contenuto. Abbiamo bisogno di media ancorati a un contenuto di valore che possa formare l'uomo, la sua coscienza, ai valori egualitari della pace, della giustizia e dei diritti umani. E questo è ciò che dobbiamo fare e che facciamo nel nostro Paese, in particolare da quando molte delle nostre diocesi si sono dotate di radio comunitarie diocesane e anche di canali televisivi. Stiamo lavorando intensamente per fissare contenuti che riflettano la dottrina della Chiesa e che mettano l’uomo al centro di tutti i valori. (…) È un compito importante.

D. - Come sono invece i rapporti con le sétte?

R. - I rapporti con le sétte restano molto difficili, nella misura in cui, in generale, esse si occupano dell’essere umano in modo pericoloso per il suo benessere spirituale. (…) Il problema, in generale, è che i leader di questi gruppi religiosi approfittano della miseria materiale che affligge la popolazione per cercare di offrire soluzioni immediate ai suoi problemi, come la salute o l’occupazione. Inoltre queste sétte con le illusioni in cui sprofondano comunità e famiglie, sottraggono queste persone alle loro responsabilità e ai loro obblighi sociali. Questo, a nostro avviso, è pericoloso ed è il motivo per cui è difficile per noi lavorare con le sétte, perché esse tendono piuttosto a sfruttare la miseria materiale del nostro popolo. Di più: chiediamo che i legislatori prendano misure per proteggere i più deboli, che sono sfruttati da queste sétte. (...)

D. - In altre parole lottate per il rispetto dei diritti umani, un tema ampio di cui si parlerà anche al prossimo Sinodo…

R. - Sì. I diritti umani sono un tema ampio, molto importante e fondamentale. Un paese che si sforza di difendere i diritti umani è in grado di costruire una società solida nell’interesse di tutti i soggetti. Questa è la base di tutto ed è per questo che noi, Chiesa cattolica, ci battiamo per il riconoscimento dei diritti delle persone in questo Paese. Quando abbiamo lanciato il nostro programma di educazione civica, dove abbiamo insegnato cosa sono le elezioni, la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani in un paese dove la gente ha subito decenni di repressione – (…) abbiamo cominciato spiegando loro che hanno diritti e che senza il rispetto di questi diritti, non è possibile fondare una repubblica a beneficio di tutti. Quindi per noi la questione dei diritti umani è fondamentale e, come ho detto, l’abbiamo inserita tra le materie fondamentali di insegnamento nelle scuole.

D. - Lei ha parlato più volte della povertà, dell'uomo che bisogna salvare dalla miseria. È per questo che come vescovi avete istituito una Commissione ad hoc incaricata di occuparsi della questione dei proventi delle risorse naturali?

R. - Sì. Il nostro paese ha immense risorse, ma purtroppo, questa ricchezza, che avrebbe dovuto essere la base della ricchezza della sua popolazione, è, al contrario all’origine delle sue sventure. È a causa di questa ricchezza che abbiamo conosciuto le guerre che hanno provocato milioni di morti e che sono guerre economiche, e (…) oggi i focolai di conflitti o che alimentano i conflitti nel Congo orientale sono intorno alle miniere, hanno motivazioni economiche. Quello che dobbiamo fare come congolesi, insieme alla comunità internazionale, è garantire che questa ricchezza possa essere destinata alla popolazione. (…) Ciò richiede una legislazione specifica, e noi, vescovi, abbiamo lanciato un’opera di sensibilizzazione delle grandi potenze, perché vengano varate leggi a livello nazionale e anche a livello internazionale che tutelino tali risorse naturali in modo che possano beneficiare il popolo congolese e di conseguenza i paesi vicini e anche il mondo. Ma senza tale legislazione, questa ricchezza è sprecata, lo Stato non può ricavarne i proventi a cui ha diritto. Insomma perdono tutti, la popolazione, il Paese. Sono gli altri che sfruttano queste ricchezze (...). Tra questi le multinazionali che contribuiscono a creare un circolo pericoloso: le ricchezze minerarie alimentano i conflitti, perché permettono di comprare le armi che vengono usate contro le popolazioni (...). È quindi molto urgente - e siamo in contatto con certi ambienti e Paesi stranieri che stanno preparando leggi per vietare alle loro multinazionali di comprare minerali provenienti dal Congo attraverso un sistema di certificazioni, al fine di limitare questa dilapidazione di ricchezze sfruttate in modo selvaggio e che alimentano i conflitti all’origine della miseria del popolo che è il proprietario di queste ricchezze. Quindi all'interno della CENCO, la Conferenza episcopale nazionale del Congo, abbiamo una commissione sulle risorse naturali, che è costantemente al lavoro su questo tema e, tra le soluzioni che abbiamo trovato, vi è quella di informare il cittadino comune congolese. Abbiamo elaborato un vademecum che distribuiamo in tutto il Paese, attraverso le nostre parrocchie, per dimostrare ai congolesi che le ricchezze del sottosuolo appartengono a loro e che è necessario proteggerle in ogni modo. Occorre sensibilizzare la base della società congolese per resistere ai predatori nazionali e internazionali.

D. - Come gli altri vescovi congolesi, Lei si sta preparando al 2° Sinodo Speciale dei Vescovi per l'Africa. Dopo tutte le questioni che abbiamo affrontato, che ne è dell’inculturazione? Questa priorità, in Africa e in Congo, è stata dimenticata?

R. - No, non è stata dimenticata, nella misura in cui l'inculturazione, è la vita stessa. Lo dice il Santo Padre nel suo recente libro "Gesù di Nazaret", che ci invita a evangelizzare la cultura e ad inculturare il Vangelo. Si tratta di due facce di una stessa medaglia: c’è l'incontro di Cristo con l'uomo, l'uomo che riceve la Parola di Dio (…) e, allo stesso tempo, questo uomo dà al Vangelo che accoglie una parte di sé. E oggi, a livello di ricerca teologica, un teologo cerca di esaminare la questione da questo punto di vista. In primo luogo, il Vangelo, che è venuto a trovare il continente africano, il popolo africano con la sua cultura, sta cercando di trasformarlo in un discepolo di Cristo con i valori positivi della sua cultura. E poi, oggi, l'uomo africano vive in un contesto specifico. È molto importante che l'evangelizzazione tenga conto della situazione concreta dell’uomo da evangelizzare oggi, una situazione in Congo segnata dalla guerra, dalla povertà, le malattie, l'AIDS e quello che un teologo chiama la “teologia contestuale” (...) si muove in questa direzione. Quindi è una questione attuale, è parte di un’evangelizzazione continua. Lo ripeto, è essenziale che prendiamo in considerazione le situazioni in cui vivono gli africani, i congolesi oggi. Il Vangelo di Gesù Cristo viene a interpellarli in queste circostanze e noi siamo chiamati a lavorare in modo che l’uomo integrale, nella sue molteplici dimensioni possa incontrare Cristo ed essere salvato da Cristo.








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