Le Medical Missionaries of Mary: un conforto per i malati di AIDS della Nigeria
Aiutare, spiritualmente e materialmente, i malati di AIDS, donando loro il conforto
della preghiera e diffondendo la cultura della prevenzione. È quanto fanno, ogni giorno,
le Medical Missionaries of Mary, che operano nell’ospedale di Ibadan, in Nigeria.
L’AIDS, infatti, è una delle malattie che colpisce maggiormente l’Africa. Su questa
patologia e sull’operato della Chiesa nella sanità africana rifletterà il secondo
Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che si terrà in Vaticano, dal 4 al 25 ottobre, dedicato
al tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. John Baptist Munyambibi
ha raccolto la testimonianza di Sr. Angela Anigbogu, Medical Missionary
of Mary e amministratrice dell’ospedale di Ibadan. Ascolta l'intervista in lingua
originale inglese:
D. – Concentriamoci
sul virus HIV che sta uccidendo molte persone in Nigeria. Quali misure sta prendendo
l’ospedale per prevenire il propagarsi di questa malattia?
R. – Noi
creiamo la consapevolezza (della malattia ndr), e lo facciamo non solo in ospedale.
Andiamo anche nei villaggi perché offriamo un servizio sanitario di base anche lì.
Così, quando siamo in giro, cerchiamo di educare le persone, parlando loro dell’AIDS
e del virus HIV, spiegando come esso si contrae e come si previene. E non solo: talvolta,
andiamo nelle Chiese e nelle scuole a parlare con la gente. Oltre a queste misure
preventive, facciamo anche dei colloqui in ospedale con gli ammalati ed offriamo loro,
gratuitamente, un servizio di consulenza ed un test sanitario. Il test è gratuito
e noi incoraggiamo le persone a farlo. Quanto a coloro che hanno già contratto il
virus HIV, li accogliamo in ospedale e non li segreghiamo lontano dalla gente perché,
se li segregassimo, gli altri pazienti capirebbero che sono malati di AIDS ed inizierebbero
ad evitarli. In questo modo, invece, cerchiamo di non isolarli. Il trattamento, per
loro, è lo stesso. Abbiamo anche un programma speciale chiamato “Prevenzione del contagio
da madre a figlio”: quando le donne in gravidanza vengono in ospedale per la prima
volta, offriamo loro un servizio di consulenza. Le donne vengono così informate sul
virus HIV, sui metodi di prevenzione e su cosa è bene fare una volta che abbiano scoperto
di avere l’AIDS, perché se le madri conoscono prima le proprie condizioni di salute,
allora sarà possibile aiutare il bambino che portano in grembo. E per coloro che risultano
positive al test dell’AIDS, offriamo un percorso di assistenza, fornendo i trattamenti
sanitari richiesti, in modo da prevenire il contagio del bimbo nell’utero.
D.
– La Chiesa come può aiutare spiritualmente coloro che risultano positivi al test
HIV?
R. – Alcuni di loro appartengono a religioni diverse; per questo,
l’assistenza spirituale dipenderà dalla religione del paziente. E noi cerchiamo di
rispettare questo fatto. Quanto ai pazienti cattolici, talvolta chiedono di incontrare
un sacerdote e noi ci rivolgiamo al parroco. Poi, li visitiamo personalmente, parliamo
e preghiamo con loro. Quando le persone contraggono l’AIDS, spesso pensano di essere
cattive, di essere dei peccatori, e credono che la malattia sia una punizione inflitta
da Dio. Per questo, noi cerchiamo di consolarle, di far comprendere loro che Dio li
ama.
D. – Assistere gli ammalati non è un compito facile, richiede
molti sacrifici. Cosa motiva il vostro lavoro?
R. – Innanzitutto, io
appartengo ad una Congregazione che ha, come apostolato, quello sanitario. Ed è per
questo che siamo chiamate “Medical Missionaries of Mary”. Il carisma della Congregazione
è quello di portare la salvezza, la salvezza di Cristo, seguendo le sue orme. Questo
è ciò che dà senso al mio lavoro, anche quando è difficile. Io vedo Cristo in queste
persone e so che queste persone sono esseri umani, bisognosi di cure e di amore. Talvolta
non è facile, ma io sono motivata perché il mio fulcro è Cristo e la sua missione
salvifica, della quale io voglio far parte e della quale io sono parte.