La corruzione in Africa. L'impegno delle Chiese locali nell'educazione civica
Somalia, Sudan, Guinea, Ciad: sono solo alcuni dei Paesi africani colpiti maggiormente
dal problema della corruzione. Una piaga che attanaglia quasi tutto il continente
e che sarà al centro delle riflessioni del secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa.
L’Assemblea episcopale si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre, a quindici anni di
distanza dal primo Sinodo dei Vescovi dedicato al continente africano. Isabella
Piro ha chiesto a MariaTeresa Brassiolo, presidente di Transparency
International Italia, associazione non governativa e no profit che lotta contro la
corruzione, di indicare i paesi africani maggiormente colpiti da questo flagello.
Ascolta l'intervista:
D. - Quali
sono i Paesi africani colpiti maggiormente dal problema della corruzione?
R.
– L’indice di corruzione stilato da Transparency è un indice di percezione della corruzione
e dà alcuni punteggi: 10 sono i Paesi senza corruzione e 1, o anche meno, sono quelli
più corrotti. Quindi, gli Stati che sono intorno al punteggio di 1 sono: la Somalia,
che è al livello più basso del nostro indice, poi abbiamo il Sudan, la Guinea, il
Ciad, la Guinea Equatoriale, il Congo, lo Zimbabwe, e poi il Gambia e la Repubblica
Democratica del Congo al 158° posto, il Burundi, l’Angola…Insomma, troviamo molti
Paesi africani in fondo alla classifica.
D. – Quali sono le cause principali
della corruzione in Africa?
R. – Io penso che siano molteplici: a mio
giudizio, sono le scarse risorse che vengono dedicate all’educazione. Quando le persone
non riescono a difendersi, evidentemente sono soggette ad ogni tipo di sopruso e la
possibilità di difendersi anche creandosi un’attività economica, un’indipendenza economica
passa, assolutamente, attraverso l’educazione. Molta parte degli aiuti che sono stati
distribuiti dalle nazioni – aiuti materiali - hanno avuto sicuramente un impatto poco
importante. Molto più lo hanno avuto quelle operazioni religiose, della Chiesa cattolica
per esempio, che promuovono i valori, l’integrità, una modalità di comportamento che
riesce a combattere la corruzione e che riesce anche a formare delle coalizioni virtuose
contro la corruzione stessa.
D. – Prima abbiamo citato i Paesi più
corrotti; possiamo ora citare i Paesi in cui lo Stato effettivamente funziona?
R.
– Mi viene in mente il Botswana, che viene spesso citato per la qualità del suo governo
e anche per il relativo benessere che è stato raggiunto. Però, dobbiamo dire che accanto
a questo caso non è che ce ne siano molti altri. Anche il Sudafrica, che sta facendo
dei grandissimi sforzi, comunque non è in una posizione molto soddisfacente.
D.
– L’Occidente che parte ha in tutto questo?
R. – Mi riferisco alle pubblicazioni
della Banca Mondiale, che sta diventando molto scettica sul genere di aiuto che è
stato dato all’Africa: sembra che il 40% degli aiuti, elargiti dalla Banca stessa,
sia stato usato per obiettivi diversi da quelli previsti. Altri studi (…) hanno identificato
negli aiuti, così come sono stati dati finora, addirittura la fonte stessa della corruzione.
Il denaro che entrava (in Africa ndr) a qualsiasi titolo benefico, poi usciva per
altre strade, andando nei “paradisi fiscali” e quindi non producendo alcun benessere
per il Paese o per gli obiettivi per i quali era stato dato. Per cui, un’azione meritoria
come poteva essere un aiuto si trasformava addirittura in un abuso (…), perché serviva
a rimpinguare i conti dei vari personaggi che governavano quel Paese. Questo è un
dato agghiacciante!
D. – La Chiesa locale, nei diversi Paesi africani,
è sempre stata impegnata nella lotta alla corruzione. Secondo Lei, è stato fatto abbastanza?
La Chiesa può fare ancora di più?
R. – La Chiesa ha fatto moltissimo
ed è stata, probabilmente, quella che ha fatto di più nell’aiutare la società civile
a formarsi una coscienza, una forza interna per combattere le violenze. Certo, si
può fare di più, ma le risorse della Chiesa non sono infinite. Le risorse che arrivano,
ad esempio, da Banca Mondiale, dovrebbe essere indirizzate verso l’educazione, perché
ci sarebbero meno abusi, ci sarebbe meno corruzione e si andrebbe ad incidere davvero
su un punto fondamentale. Qualche anno fa c’è stata un’inchiesta che ha evidenziato
come l’aumento degli stanziamenti nel settore dell’educazione faceva crescere il PIL
dall’1 all’1,5%.
D. – Il Sinodo dei Vescovi per l’Africa può dettare
delle linee-guida, tracciare delle strade in quest’ambito?
R. – Sicuramente
sì, anche per l’autorevolezza della Chiesa e, soprattutto, per la possibilità che
ha la Chiesa di entrare nelle case, di entrare nell’animo delle persone, cosa che
i politici normalmente non hanno. La Chiesa si rivolge anche, molto spesso, alle donne
che sono, molto più sensibili a queste problematiche, perché pensano più ai loro figli
che non a motivazioni politiche. Penso che la Chiesa abbia sempre avuto, ma dovrebbe
avere ancora di più, un ruolo fondamentale, e dovrebbe chiedere ai donatori internazionali
che facciano passare le loro donazioni attraverso dei sistemi educativi, magari coinvolgendo
anche molto la società civile, dando i finanziamenti non ai governi, ma alle organizzazioni
sul territorio. E sicuramente quella più rappresentata, quella che ha un potere di
convinzione forte è senz’altro l’organizzazione religiosa. È una strada che la Banca
Mondiale sta già percorrendo.
D. – Il propagarsi della corruzione si
può dire anche che è legato ad una debolezza dello Stato-nazione in Africa?
R.
– È difficile dirlo (…) Però, io penso che lo Stato-nazione si crei anche intorno
a dei valori. Non si può creare uno Stato a tavolino, tracciando dei confini, ma bisogna
crearlo intorno a dei valori nella politica, nella popolazione (…) L’ha fatto Mandela,
e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Dove, invece, questi valori non ci sono,
si creano le guerre civili, lo sperpero e l’abuso dei cittadini inermi.