Funerali delle vittime di Kabul. La preghiera del Papa per quanti operano per la pace
L’Italia ha reso omaggio alle sei vittime dell’attentato di giovedì a Kabul, in Afghanistan.
Nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a Roma, l’ordinario militare, l’arcivescovo
Vincenzo Pelvi, ha celebrato questa mattina le esequie dei paracadutisti della Folgore
uccisi la scorsa settimana. All’inizio della celebrazione, è stato letto il telegramma
di Benedetto XVI. La chiesa e il piazzale antistante, gremiti di gente, sono poi stati
sorvolati dalle Frecce Tricolori. In tutto il Paese si osserva una giornata di lutto
nazionale. Il servizio di Giada Aquilino:
Le parole
del Papa, “profondamente addolorato” per il tragico attentato terroristico a Kabul
“in cui hanno perso la vita insieme con numerosi civili sei militari italiani”, sono
risuonate chiare all’interno della gremita Basilica di San Paolo fuori le Mura. I
sentimenti del Pontefice, espressi a suo nome in un telegramma del cardinale segretario
di Stato Tarcisio Bertone all’ordinario militare, l’arcivescovo Vincenzo Pelvi, che
ha celebrato le esequie, sono i sentimenti di tutti i presenti: parenti delle
vittime, amici, cariche istituzionali e militari. Ascoltiamo le parole del telegramma
lette in Basilica:
“Mentre si unisce spiritualmente
at celebrazione esequiale Sua Santità invoca materna intercessione Maria Santissima
Regina Pacis affinché Iddio sorgente inesauribile di speranza et forza nel bene sostenga
quanti si impegnano ogni giorno at costruire nel mondo solidarietà riconciliazione
et pace”.
Le “sentite condoglianze” del Pontefice
allo stesso mons. Pelvi, alle famiglie dei soldati uccisi e alle rispettive comunità
sono andate pure “alla Chiesa castrense e all'intera nazione italiana” per
questo gravissimo lutto, che colpisce anche i feriti nell’attentato di giovedì, oggi
presenti in chiesa e ricordati dal Santo Padre nella benedizione apostolica. Un lutto
composto, silenzioso, quello testimoniato dalle mogli, dai figli, dalle madri, dai
parenti tutti di Roberto Valente, Matteo Mureddu, Andrea Fortunato, Davide
Ricchiuto, Gian Domenico Pistonami, Massimiliano Randino: questi i nomi dei militari
caduti nell’attacco kamikaze sulla strada dell’aeroporto a Kabul.
L’arcivescovo
Vincenzo Pelvi li ha nominati uno per uno, quei ragazzi, definendoli a
turno “un gigante buono”, “un giovane innamorato della vita e della famiglia”, “un
ragazzo solare”: cioè uomini che, ha proseguito, “condividendo la sorte dei
più deboli, dispensano il pane della carità che sana i cuori”. L’ordinario
militare ha quindi ricordato il Vangelo di Matteo letto durante le esequie e ha poi
spiegato che "le missioni di pace ci stanno aiutando a valutare da protagonisti
il fenomeno della globalizzazione”, intesa anche come “criterio etico di razionalità,
comunione e condivisione tra popoli e persone". Nasce da qui, ha aggiunto l’Ordinario
militare, “l’esigenza di una concreta e rinnovata attenzione a quella ‘responsabilità
di proteggere’, un principio divenuto ragione delle missioni di pace”:
“Se
uno Stato non è in grado di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi
e continue dei diritti umani, come pure dalle conseguenze delle crisi umanitarie provocate
sia dalla natura che dall’uomo, la comunità internazionale è chiamata ad intervenire,
esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione, e incoraggiamento
anche ai più flebili segni di democrazia”.
Dentro
la Basilica qualcuno ha gridato “Pace subito”. Fuori e lungo tutto il percorso dall’Ospedale
militare del Celio - dov’era stata allestita la camera ardente, visitata tra ieri
e stamattina da oltre 10mila persone - un lungo corteo di gente, tante bandiere italiane
- ne sono state distribuite oltre 2.500 – e il picchetto d’onore delle Forze armate.
E mentre qualche goccia di pioggia ha bagnato a più riprese la commozione degli italiani,
quegli stessi italiani hanno così salutato i loro connazionali:
(applausi)
Quindi
è toccato ai militari dare l’estremo saluto ai colleghi scomparsi, con le note del
silenzio d’ordinanza: