Mons. Crociata a Retinopera: dovere della Chiesa è annuncio e testimonianza, non dare
soluzioni tecniche alla politica
“Non spetta alla Chiesa prospettare soluzioni tecniche per la politica degli Stati,
ma le compete un irrinunciabile dovere di annuncio, testimonianza e presenza”. E’
quanto ha detto ieri mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, aprendo
il seminario nazionale su “Carità, Verità, Sviluppo integrale”, organizzato in questi
giorni ad Assisi da “Retinopera”, una iniziativa che riunisce alcune importanti realtà
aggregative del laicato ecclesiale italiano. Il presule ha chiamato i cattolici a
dare il loro importante contributo “per il bene comune nel passaggio significativo
e incerto di questi anni” a partire dalla consapevolezza – come scrive Benedetto XVI
– che “la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica”. Sugli
obbiettivi del seminario, che si svolge alla luce dell’Enciclica Caritas in Veritate,
Paolo Ondarza ha intervistato Vincenzo Conso, segretario nazionale di
Retinopera:
R. – Quest’anno
in particolare riflettiamo sulla nuova Enciclica perché ci offre alcuni capisaldi
fondamentali per individuare quello che può essere un nuovo modello di sviluppo. Noi
crediamo che sia necessaria da parte di tutto il laicato cattolico una riflessione
approfondita su quelli che sono questi aspetti dell’Enciclica. Noi in particolare
li metteremo in evidenza quattro: il lavoro, l’ambiente, l’emigrazione e la questione
educativa. D. – Tante voci diverse, questa è poi la forza di
Retinopera. Ma come far sì che su tematiche calde come quelle che lei ha elencato
si possa intavolare un confronto costruttivo?
R.
– Non annacquando la propria identità, anzi riaffermandola ma nello stesso tempo facendo
qualche passo indietro: non tutto quello che io penso e dico è giusto, ma il giusto
bisogna cercarlo insieme in uno sforzo comune, anche di mediazione, non svilendo però
i valori essenziali.
D. – La vostra riflessione ha
obiettivi ambiziosi che poi sono gli obiettivi evangelici. Non puntate, infatti, ad
un’Italia unita solo nella solidarietà ma nella fraternità. Come realizzare questo
obiettivo che a molti può sembrare utopia?
R. - Solo
attraverso un cambiamento di mentalità: del resto l’Enciclica propone dei concetti
profetici, rivoluzionari. A parte i grandi discorsi che spettano ai grandi, c’è una
parte in cui il Papa richiama personalmente ciascuno di noi a rivedere appunto i propri
stili di vita che sono improntati adesso all’edonismo e al consumismo e, quindi, stili
di vita più sobri improntati ai valori fondamentali, quali appunto la solidarietà
e la fraternità.
D. - Ci vuole una vera e propria
inversione di rotta?
R. – Certo. Un’inversione di
rotta che ci aiuti a pensare che le cose possono cambiare, cambiando appunto i comportamenti
personali.