Costa Rica: no dei vescovi alle proposte di riforma costituzionale sulla libertà religiosa
In Costa Rica si discute sulla laicità dello Stato dopo che, diverse settimane fa,
alcuni parlamentari hanno proposto, seguendo le tracce di un'iniziativa elaborata
dal “Movimento laico per la Costa Rica”, la riforma degli articoli 75 e 194 della
Costituzione, articoli che - secondo i promotori della riforma - configurerebbero
“uno Stato confessionale”. La discussione, che attraversa trasversalmente i partiti,
si inserisce, di fatto, nella campagna politica per le presidenziali del 2010, ormai
aperta a tutti gli effetti. I sostenitori della proposta affermano che si “tratta
di salvaguardare la libertà religiosa”, affermazione contestata ieri dai vescovi costaricani
che, in una dichiarazione della Presidenza dell'episcopato, rilevano che “non riflette
la volontà della stragrande maggioranza del popolo”. I presuli, inoltre, ritengono
sia “falso che si stia cercando di migliorare l'esercizio della libertà religiosa,
perché l'attuale redazione dell'articolo 75, secondo l'interpretazione della Corte
Costituzionale, garantisce pienamente questo diritto”. Il testo costituzionale è,
infatti, chiaro: “La religione cattolica, apostolica, romana è quella dello Stato,
il quale contribuisce al suo mantenimento senza impedire il libero esercizio nella
Repubblica di altri culti che non si oppongano alla morale universale”. La dichiarazione
episcopale, con la firma del Presidente, mons. Hugo Barrantes, arcivescovo di San
José e mons. Oscar Fernàndez, vescovo di Puntarenas e segretario generale, sottolinea
che “la Costituzione politica, in quanto frutto della nostra identità nazionale ha
consentito, storicamente, una sana, rispettosa ed equilibrata collaborazione tra la
Chiesa e lo Stato” e, dunque, “affermare il contrario significa ignorare la storia”.
Dall'altra parte, in riferimento alla proposta di deroga dell'articolo 194 che, in
applicazione dell’articolo 11 del testo costituzionale, chiede ai funzionari pubblici
di giurare lealtà allo Stato “in nome di Dio”, i vescovi della Costa Rica rilevano
come ciò “evidenzi un doloroso secolarismo, contrario al concetto della giusta autonomia
della comunità politica e della Chiesa" portando ad “un'esclusione di Dio e della
fede dall'ambito pubblico” per ridurre le confessioni religiose “a una semplice manifestazione
intimistica”. I presuli ricordano, dunque, il magistero di Benedetto XVI, che a più
riprese, ha ricordato che ogni esclusione di Dio impoverisce le motivazioni della
politica, poiché la ragione ha bisogno della fede per essere purificata e illuminata.
I vescovi, infine, denunciano una campagna antireligiosa, pregiudiziale e al servizio
di interessi particolari. “La nostra opposizione al citato progetto – scrivono - si
fonda sulla difesa dei principi e dei valori che favoriscono un'autentica democrazia
e non sulla ricerca di presunti privilegi” e vuole ricordare a tutti che “una democrazia
carente di principi diventa facilmente dittatura e finisce poi per tradire il popolo”.
(A cura di Luis Badilla)