I vescovi brasiliani in visita ad limina. Mons.Fernandes: la nostra Chiesa
missionaria al servizio dei più bisognosi
Il Papa ha ricevuto stamani un gruppo di vescovi brasiliani della regione Nordest
2 in visita ad Limina. Quella del Nordest è una delle aree più povere del Brasile
che vede particolarmente impegnata la Chiesa locale al fianco dei più deboli. Per
una testimonianza sulla vita ecclesiale in questa area, Lisa Zengarini, ha
intervistato l’arcivescovo di Maceió Antônio Muniz Fernandes e presidente della
regione Nordest 2:
R. - La Chiesa
del Nordest opera sempre in una prospettiva di fede e di immersione nella nostra realtà.
Siamo veramente poveri, però con una grandissima voglia di fare missione (…) in modo
che essa sia uno strumento per trasformare questa nostra realtà, per costruire tutti
insieme, come Chiesa, la fraternità come segno del Regno di Dio presente tra noi e
per alimentare sempre di più la speranza nel cuore della nostra gente. D.
- Quali sono quindi le principali sfide pastorali e sociali? R.
- La prima sfida che abbiamo è di tipo antropologico: quella di essere veramente umani,
cercare di eliminare i segni della povertà più dura, di quella povertà che toglie
la dignità delle persone. C’è poi la sfida di dare un futuro alla gioventù, quella
della condizione dell’infanzia, quella del lavoro. Noi diciamo che siamo una regione
sottosviluppata dove la Chiesa vuole dare risposte concrete che portino la speranza,
sviluppino la fede per potere vivere la carità di Cristo. Nei nostri piani pastorali
diciamo che qui siamo ormai una Chiesa grande, discepola, come dice il Documento di
Aparecida, ma discepola nel senso di più missionaria e più samaritana: una Chiesa
che diffonde il messaggio di Cristo e una Chiesa impegnata nella carità per aiutare
quelli che hanno più bisogno. D. - A proposito di Aparecida,
come sta dando concretamente attuazione la Chiesa nel Nordest alle indicazioni contenute
in questo documento? R. - La nostra regione ecclesiastica, già
prima di Aparecida, aveva preso la decisione di essere una Chiesa in stato permanente
di missione, quella a cui si riferiva, in senso più generale, il Santo Padre ad Aparecida
quando parlava di Missione Continentale: la missione di portare l’incontro tra le
persone e Gesù. Poi, tenendo conto della nostra realtà concreta, abbiamo sviluppato
sempre di più anche l’idea del Samaritano, quello che aiuta gli esclusi cercando di
sopperire ai loro bisogni basilari. E così possiamo dire che abbiamo adattato il Documento
di Aparecida alla nostra realtà locale: promuovendo al tempo stesso una Chiesa missionaria
e una Chiesa Samaritana. D. - Cosa vi aspettate dalla visita
ad limina e dall’incontro con il Santo Padre? R. - Noi vescovi
più anziani abbiamo sempre vissuto questo momento come un momento di grazia, di "kairòs"
per la nostra vita e il nostro ministero: negli incontri con il Santo Padre abbiamo
sempre sentito questa fratellanza, questo zelo apostolico, questa voglia di essere
insieme e lavorare in comunione e con partecipazione. E' questo il sentimento che
proviamo quando siamo a Roma, celebriamo nelle chiese, visitiamo gli organismi centrali
della Chiesa, parlando delle nostre difficoltà e anche delle nostre speranze, di quello
che facciamo e quando incontriamo il Santo Padre la cui voce conferma i fratelli nella
fede. E' proprio tale tipo di comunione più stretta con il Santo Padre che ci aiuta
a mantenere la comunione tra tutti noi e con tutta la Chiesa.