La Chiesa ricorda San Cipriano. La catechesi del Papa: nella preghiera Dio non ascolta
le parole ma il cuore
Oggi la Chiesa celebra la memoria di San Cornelio, Papa, e San Cipriano, vescovo,
martiri. Il Papa in una catechesi del mercoledì del 2007 ha parlato di San Cipriano,
vescovo di Cartagine vissuto nel III secolo. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa traccia
un profilo intenso di Cipriano ricordandone la gioventù dissipata, figlio di una ricca
famiglia pagana. A 35 anni, quando ancora viveva – come lui racconta - in “una notte
oscura”, incontra la misericordia di Dio, sperimenta il suo perdono. Si converte.
Tre anni dopo, nel 249, è già vescovo di Cartagine. Affronta le persecuzioni anticristiane
scatenate anche in Nord Africa dagli imperatori Decio e Valeriano. Mostra un atteggiamento
mite ma fermo nei confronti dei lapsi, i cristiani che per non subire le persecuzioni
hanno rinnegato la fede. I rigoristi non vogliono riaccoglierli nella Chiesa e provocano
uno scisma. Cipriano ricorda di aver fatto lui stesso l’esperienza della debolezza
e del perdono di Dio. Così, dà a sua volta il perdono, pur esigendo una esemplare
penitenza. Agli scismatici che vogliono una Chiesa di perfetti ricorda cosa è la Chiesa:
“Distingue tra Chiesa visibile, gerarchica, e
Chiesa invisibile, mistica, ma afferma con forza che la Chiesa è una sola, fondata
su Pietro. Non si stanca di ripetere che «chi abbandona la cattedra di Pietro, su
cui è fondata la Chiesa, si illude di restare nella Chiesa»”. (Udienza generale del
6 giugno 2007)
Di San Cipriano il Papa ricorda
in particolare gli insegnamenti sulla preghiera:
“Io
amo particolarmente il suo libro sul Padre Nostro, che mi ha aiutato molto a capire
e a recitare meglio la «preghiera del Signore»: Cipriano insegna come proprio nel
Padre Nostro è donato al cristiano il retto modo di pregare, e sottolinea che tale
preghiera è al plurale, «affinché colui che prega non preghi unicamente per sé…Il
cristiano non dice «Padre mio», ma «Padre nostro», fin nel segreto della camera chiusa,
perché sa che in ogni luogo, in ogni circostanza, egli è membro di uno stesso Corpo”.
(Udienza generale del 6 giugno 2007)
La preghiera
– scrive San Cipriano – va fatta in modo che il Padre riconosca nelle nostre parole
la parola del Figlio. Non bisogna dunque sprecare parole perché è il cuore “il luogo
privilegiato della preghiera”:
“«…non dare al
vento qua e là le nostre preghiere con voci scomposte, né scagliare con tumultuosa
verbosità una richiesta che va raccomandata a Dio con moderazione, perché Dio è ascoltatore
non della voce, ma del cuore»”. (Udienza generale del 6 giugno 2007)
Cipriano,
condannato a morte, non fugge. Affronta l’Impero senza compromessi e viene decapitato
nel 258. Durante le persecuzioni scriveva a Papa Cornelio: “Preghiamo sempre e in
ogni luogo gli uni per gli altri, e cerchiamo di alleviare le nostre sofferenze con
la mutua carità”.