Assemblea Generale dell’Onu. Mons. Migliore: la comunità internazionale sia audace
nell’affrontare le grandi sfide del nostro tempo
Si apre oggi la 64.ma Assemblea Generale dell’Onu. Tra i temi in primo piano il mantenimento
della pace e della sicurezza internazionale, la promozione di una crescita economica
sostenibile, lo sviluppo dell’Africa, l’impegno per l’applicazione universale dei
diritti umani, un più efficace coordinamento dell’assistenza umanitaria. Intanto,
ieri pomeriggio a New York, su iniziativa dell’arcidiocesi di New York e dell’Osservatore
permanente della Santa Sede presso l’Onu, l’arcivescovo Celestino Migliore, si è tenuta
una celebrazione ecumenica di preghiera in vista dell’assise. Proprio a mons. Celestino
Migliore, Linda Giannattasio ha chiesto con quale spirito si viva al Palazzo
di Vetro l’attesa per l’apertura dell’Assemblea Generale dell’Onu:
R. – Direi
con un rinnovato senso di responsabilità verso la situazione mondiale. Le delegazioni
nazionali sono chiamate a riflettere e a delineare i loro programmi per una effettiva
risposta alle molteplici crisi che stiamo attraversando, con particolare riguardo
al rilancio del multilateralismo e del dialogo tra culture e civiltà. D.
– Recuperare un ruolo da protagonista per le Nazioni Unite: da tempo si parla di rivedere
le funzioni del Palazzo di Vetro: c’è questa volontà effettiva nell’ambito dei Paesi
membri? R. – Esiste, indubbiamente, la preoccupata percezione
che senza una precisa riforma delle modalità di decisione l’Onu slitterebbe verso
una pericolosa perdita di rilevanza. Ma il problema non è di trovare soluzioni tecniche
ed istituzionali adeguate, anzi: le proposte sagge ed efficaci abbondano! La questione
sta nella volontà politica dei singoli membri che compongono l’Organizzazione e specialmente
di coloro che vi esercitano una maggiore influenza politica, economica, militare o
demografica di saper usare, cioè di aver l’audacia di promuovere i propri interessi
nazionali nel contesto ed in funzione della promozione del bene comune mondiale. Occorre
fare delle Organizzazioni internazionali un luogo non di spartizione del potere, ma
di attenzione e risposta fattiva ai problemi delle popolazioni. D.
– Ecco, il ruolo nuovo dell’Onu passa necessariamente anche attraverso profonde riforme
istituzionali dell’Organizzazione. Quali sono, secondo lei, le più fattibili, in questo
momento? R. – Nel febbraio scorso sono stati avviati i negoziati
intergovernativi sulla riforma del Consiglio di Sicurezza: non si tratta di pensare
solo all’allargamento a nuovi Paesi, ma soprattutto alla questione del veto che non
può più essere visto in termini di privilegio o di potenza, ma va considerato alla
luce della giustizia e della solidarietà nel rispondere tempestivamente alle emergenze
internazionali. Poi, la recente conferenza sulla crisi economica e finanziaria e il
loro impatto sullo sviluppo, ha stabilito un gruppo di lavoro per offrire contributi
intesi a ridisegnare le istituzioni finanziarie mondiali. D.
– Sembra che ci si trovi in un momento decisivo per il futuro del processo di pace
israelo-palestinese. In che modo l’Onu può promuovere questo dialogo? R.
– L’Onu sta coordinando alcune iniziative e meccanismi di pace; si spera fortemente
che la presenza di 130 capi di Stato e di governo a New York la settimana prossima
offra un’occasione di incontro e di dialogo tra le parti direttamente interessate. D.
– La crisi economica in questo momento è un altro tema che occupa uno dei primi posti
nelle agende internazionali. E’ possibile, secondo lei, creare una comunione di intenti
affinché Paesi ricchi e Paesi poveri escano dall’emergenza? R.
– Attualmente le grandi questioni economiche e finanziarie sono dibattute e regolate
all’interno di gruppi ristretti, che sia il G8, il G20, mentre le Nazioni Unite rappresentano
il G192: cioè, includono nel dibattito e nelle proposte tutti i 192 Paesi del mondo
presenti nell’Onu. Dunque i poteri, o gruppi decisionali, devono prestare attenzione
e considerazione per la voce del G192, se vogliamo porre le basi per una comunione
di intenti. D. – La guerra è ancora un male che insanguina il
mondo. E’ auspicabile una funzione maggiormente mediatrice dell’Onu affinché il dialogo
possa prevalere sulle armi? R. – Troppo spesso il Consiglio
di Sicurezza segna il passo o arriva in ritardo sui conflitti e questo è dovuto anche,
in gran parte, a quanto si diceva prima sulle necessità della riforma dei meccanismi
decisionali. Tuttavia, l’Onu è ben più del Consiglio di Sicurezza, c’è tutta l’attività
meno eclatante ma efficace del disarmo. Dopo un periodo di stagnazione, finalmente,
da un anno in qua abbiamo sentito buone notizie. Il disarmo nucleare è stato rimesso
all’ordine del giorno e ci sono buone speranze per un trattato sulle armi convenzionali.
Tutto ciò costituisce un grande passo in avanti per la causa della pace e dello sviluppo. D.
– Solidarietà al posto del confronto: è questa la strada nuova che le Nazioni Unite
possono promuovere per risolvere i problemi mondiali? R. – Sì…
Alla pubblicazione della “Caritas in veritate” molti si sono chiesti che significasse
l’appello del Papa per un’autorità mondiale capace di affrontare adeguatamente i problemi
della Comunità internazionale. Ebbene, l’Enciclica - riconoscendo le Nazioni Unite
quale autorità pubblica capace di garantire un ordine sociale a livello mondiale -
ha posto l’accento sulla necessità che questo ordine sociale riconosca e rispetti
anche un preciso ordine etico e morale delle cose e questa è una strada imprescindibile
se vogliamo che l’Onu mantenga rilevanza ed efficacia.