Vescovi svizzeri: sanare le divisioni nella Chiesa e nella società
È un appello alla riconciliazione quello lanciato dalla Conferenza episcopale svizzera
(Ces), in vista della Festa federale di ringraziamento, penitenza e preghiera che
quest’anno si celebra il 20 settembre. In una lettera pastorale indirizzata a tutti
i fedeli, i presuli ricordano che “l’Onu ha dichiarato il 2009 Anno della riconciliazione.
Ma quest’anno ricorre anche il 40.mo anniversario della Commissione Giustizia e Pace
dei vescovi svizzeri”. Quindi, continua il messaggio, “la Festa federale di ringraziamento
offre l’occasione di riflettere su quello che, nel nostro Paese e nella nostra vita,
merita di essere riconciliato”. Poi, i presuli puntano il dito contro le numerose
controversie presenti nella società elvetica, come le tensioni tra gli svizzeri e
gli immigrati, il problema del mobbing nel mondo del lavoro, gli scontri tra partiti
politici, le incomprensioni in famiglia: “Uno dei segni sconvolgenti di tutto ciò
– si legge nel messaggio – è il numero crescente dei divorzi”. E le incomprensioni
non mancano neanche all’interno della Chiesa stessa, ribadiscono i vescovi svizzeri,
sia a livello diocesano che parrocchiale. Di qui, l’invito della Ces a guardare a
Dio, che “ci offre la riconciliazione e la pace attraverso suo Figlio Gesù Cristo”,
il quale ci ha riconciliati “morendo sulla croce per tutti gli uomini, senza distinzioni”.
Per questo, “come Chiesa e come battezzati, noi abbiamo una missione di riconciliazione,
tanto più urgente oggi, in un mondo globalizzato, ma spesso non riconciliato”. Come
impegnarsi, allora, a favore della pace? A questa domanda, i vescovi svizzeri rispondono
in modo molto concreto: “È illusorio – scrivono – pensare al pacifismo in generale;
meglio agire in quei contesti in cui si può veramente fare qualcosa, come in famiglia,
tra gli amici, nell’ambiente lavorativo e in parrocchia”. Infatti, ribadisce il messaggio
della Ces, “la riconciliazione ricomincia da noi stessi. Noi dobbiamo, in primo luogo,
riconoscere i nostri errori e poi dobbiamo cercare di comprendere il motivo dello
scontro con gli altri”. In fondo, continuano i vescovi, bisogna agire come i bambini
che “spesso litigano fra loro, ma si riappacificano in fretta e non portano rancore”.
Ma come fare ciò? La strada da seguire è quella del perdono, affermano i vescovi:
“Bisogna guarire dal passato perché ci sia la riconciliazione. E la guarigione è possibile
grazie al perdono, chiesto e donato”. “Voler dimenticare il passato – continuano i
presuli – non basta. L’oblio attiene alla memoria. Il perdono attiene al cuore e necessita
di tempo e di un percorso interiore”. Certo, riconosce la Ces, non si tratta di un
percorso facile; però ci aiuta il sapere che “non siamo noi a fare il primo passo,
perché Dio lo ha già compiuto prima di noi e ci ha proposto la riconciliazione e il
perdono”. Di qui, l’auspicio finale dei presuli che “la Chiesa elevetica e tutto il
Paese diventino esempi di riconciliazione. La Svizzera, una nazione piccola, neutrale,
ma aperta al mondo, ha la vocazione a lavorare per la riconciliazione”. (I.P.)