Unicef: in calo il tasso di mortalità infantile nel mondo
Anche nel 2008 è in calo il tasso di mortalità infantile. A rivelarlo è il Fondo delle
Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Ma il dato complessivo resta drammatico: sono
quasi 9 milioni i bambini morti nel 2008 sotto i 5 anni. Negli ultimi 19 anni la situazione
ha fatto comunque registrare dei miglioramenti: rispetto al 1990, muoiono ogni giorno
10.000 bambini in meno. A quali misure e decisioni è legata questa riduzione della
mortalità infantile? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Roberto Salvan,
direttore generale di Unicef Italia:
. – I Paesi
dove la mortalità è più elevata - anche con l’aiuto delle agenzie internazionali e
delle Ong che lavorano in rete - hanno migliorato i servizi sanitari integrati e gli
interventi a basso costo per ridurre la mortalità infantile. Tali progressi sono stati
compiuti attraverso la distribuzione della vitamina A, campagne di vaccinazione e
la promozione dell’allattamento al seno. Si deve anche lavorare con maggior intensità
nella distribuzione delle zanzariere perché la malaria rimane una tra le principali
cause della mortalità infantile.
D. – Un dramma sempre
molto radicato, soprattutto in Africa…
R. – Il maggior
numero di bambini che muoiono si registra sicuramente in Africa, in particolare in
Nigeria e nella Repubblica Democratica del Congo. A questi due Paesi possiamo aggiungere
anche l’India. Soltanto lavorando con più intensità in questi tre Stati si può raggiungere
l’obiettivo di sviluppo del millennio della riduzione della mortalità di due terzi
rispetto ai dati del 2000.
D. – In concreto quali
passi si devono compiere per raggiungere quest’obiettivo?
R.
– Si deve lavorare ed intervenire nelle comunità più dimenticate e più povere. Bisogna
cercare di coinvolgere, in modo particolare, tutte le strutture sanitarie ed integrarle
tra loro. Anche poche risorse, ma mirate verso interventi a basso costo, possono
dare dei risultati positivi.
D. – Anche se sono stati
compiuti importanti progressi, rimane inaccettabile che ogni anno quasi nove milioni
di bambini muoiano prima di aver compiuto cinque anni. Come evitare che alla solidarietà
si sovrapponga la sensazione d’impotenza?
R. – Credo
che sia fondamentale, da una parte, indignarsi per questo dato e, dall’altra, vedere
che la strada intrapresa in quei Paesi particolarmente attivi contro questa piaga
presenta dati positivi. Si deve quindi dare anche un messaggio di speranza: la mortalità
infantile può essere ridotta e si può raggiungere, entro il 2015, quel traguardo che
la comunità internazionale si era prefissata.
D.
– Oltre al prezioso contributo delle agenzie umanitarie, anche la Chiesa svolge un
ruolo di primo piano nel contrastare la mortalità infantile nel mondo. La sua presenza
in diversi Paesi martoriati è una delle poche luci di speranza…
R.
– La Chiesa, con tutta la sua rete presente in moltissimi dei Paesi dove si interviene,
è fondamentale perché ha il contatto con la famiglia, con la mamma, elemento cruciale
proprio per ridurre la mortalità infantile. L’attenzione della Chiesa verso la mamma,
la donna e la famiglia ed il contatto che ha con le comunità è dunque di aiuto e di
stimolo per ridurre la mortalità materna e infantile. E’ fondamentale lavorare in
rete, insieme, per raggiungere questi due obiettivi che la comunità internazionale
si è data.