E’ il giorno del dolore per gli Stati Uniti. Il giorno del ricordo di quel terribile
11 settembre di 8 anni fa che ha cambiato il mondo. Quasi tremila le vittime solo
a New York, dove due aerei civili dirottati, si schiantarono contro le Torri Gemelle,
che crollarono qualche ora dopo sotto gli occhi attoniti del mondo intero; un altro
velivolo, negli stessi minuti, colpì il Pentagono, mentre un quarto aereo cadde in
un campo della Pennsylvania. Una rapida successione di morte che viene ricordata oggi
in tutti gli Stati Uniti, per un anniversario che avrà uno spirito diverso. Da New
York, il servizio di Elena Molinari.
Sarà dedicato
allo spirito di servizio l’ottavo anniversario del crollo delle Torri Gemelle, il
primo da quando Obama è alla Casa Bianca. Un modo per cambiare volto alla ricorrenza
e guardare alle difficoltà del presente e alla possibilità del futuro più che alle
paure del passato, almeno nelle intenzioni dell’amministrazione. Quanto alla destra,
buona parte è già insorta, accusando il presidente di voler svuotare l’11 settembre
del suo spirito patriottico. Obama, infatti, con una legge voluta dal senatore Ted
Kennedy, ha proclamato che l’anniversario del peggior attacco terroristico su suolo
americano, sarà d’ora in poi una Giornata nazionale del ricordo e del volontariato.
Lo slogan è diventato: “uniti, serviamo”. Per commemorare gli attentati Obama sarà
al Pentagono; a New York verranno letti, invece, come sempre gli elenchi dei caduti
nello schianto delle torri, ma quest’anno a leggerli saranno squadre di volontari
che poi si sparpaglieranno per la città. Intanto 250 mila americani in tutti i 50
Stati si sono impegnati a offrire il loro tempo a favore di programmi di solidarietà,
dall’assistenza medica alla pulizia dei parchi. A Washington, ad esempio, 2000 mila
persone aiuteranno i veterani ricoverati in ospedale e metteranno a posto i campi
sportivi.
Gli attentati al World Trade Center e al Pentagono hanno avuto
pesanti ripercussioni sulla politica estera internazionale, causando la guerra globale
contro il terrorismo, e gli attacchi in Afghanistan e Iraq. Ma cosa è rimasto oggi
dell’11 settembre 2001? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Giuseppe Mammarella,
docente di Relazioni internazionali presso la Stanford University di Bologna:
R. – E’ rimasta
un’eredità pesante che la nuova amministrazione, quella di Obama, cercherà di assorbire
e anche di far dimenticare. Non c’è dubbio che in questi anni sono cambiate molte
cose: i rapporti, intanto, fra gli Stati Uniti e gli alleati europei. Non ci dimentichiamo
che alla vigilia dell’attacco americano all’Iraq, l’Europa si è divisa. C’è stato
l’indebolimento dell’immagine dell’America nel mondo, davanti ad episodi come quello
di Abu Ghraib e di Guantanamo. La questione israelo-palestinese non ha fatto un passo
avanti in questi anni. Poi c’è stato il deterioramento dei rapporti fra l’America
e la Russia, che negli anni ’90 erano indirizzati verso una certa collaborazione.
C’è stato un deterioramento generale della politica estera americana. Credo che il
motivo di tutto questo sia stata la reazione eccessiva a seguito dell’attacco alle
torri.
D. – Tra le prime conseguenze dell’11 settembre,
ricordiamo l’attacco degli Stati Uniti contro l’Afghanistan, che ancora oggi resta
una spina nel fianco dell’amministrazione americana...
R.
– Quell’attacco sarebbe stato in un certo senso giustificato, se si fosse limitato
ad una operazione punitiva. Poi gli americani hanno dimenticato per vari anni la situazione
afghana, che naturalmente andava trattata a quel punto con strumenti diversi da quelli
militari, quegli strumenti che oggi si invocano come soluzione di un problema che,
però, si presenta molto più complesso: quello del miglioramento della condizione di
vita, nella rivoluzione, direi, culturale e sociale del Paese, che, naturalmente,
doveva essere condotta gradualmente, con rispetto anche di quelli che erano i valori
locali. Ecco, tutto questo non c’è stato. C’è stato invece l’Iraq. Evidentemente la
vicenda irachena, che oggi tutti quanti riconoscono come un drammatico errore, ha
sottratto all’Afghanistan attenzione e soprattutto risorse.
Ed ecco la
drammatica testimonianza di padre Alfonso Aguilar, ex cappellano della Croce
Rossa di New York, che ha vissuto in prima persona quella tragica giornata. L’intervista
è sempre di Salvatore Sabatino:
R. – Io andavo
con un gruppo di seminaristi verso Philadelphia ed eravamo lì al nord di Manhattan,
quando abbiamo visto le Torri Gemelle cadere. All’inizio tutti eravamo sconvolti e
tutta la gente non sapeva cosa stesse succedendo. Sembrava addirittura ci fosse stato
un gravissimo incidente, ma nessuno pensava naturalmente ad un attacco terroristico.
Sembrava un film horror.
D. – La Croce Rossa fu immediatamente
coinvolta negli aiuti...
R. – Sì, effettivamente
la Croce Rossa è arrivata subito. In quel momento, dopo gli attacchi, hanno chiuso
tutte le strade d’accesso a New York, naturalmente, per permettere di aiutare i sopravvissuti
e per motivi di sicurezza. Poi, il giorno successivo, sono arrivato sul luogo della
tragedia, come cappellano della Croce Rossa, mi hanno fatto fare un allenamento veloce
- eravamo una decina di sacerdoti – per aiutare i parenti delle vittime. C’era sempre
la speranza di trovare qualche sopravvissuto, anche se poi abbiamo visto che solo
cinque sono stati ritrovati vivi il giorno successivo, mercoledì, e nessun altro.
D.
– Secondo lei, negli americani, è ancora viva l’emozione per quegli attacchi oppure
oggi si sta un po’ dimenticando?
R. – No, penso che
sia ancora vivo il ricordo, perché non soltanto c’è stato questo shock storico, ma
le immagini che abbiamo visto tutti, sono rimaste stampate nel nostro cuore, nella
nostra memoria. Penso che saranno per sempre indimenticabili. La gente ha reagito
con molta religiosità, oltre che con molta solidarietà. Tante persone sono venute
ad offrire pranzi, cibo, soldi ai parenti, spontaneamente, e ci sono stati anche molti
servizi funebri, molti servizi religiosi, molte persone che hanno pregato in pubblico.
La gente ha sofferto con molta pazienza, con molta calma. Io mi aspettavo reazioni
blasfeme contro Dio o contro i musulmani e invece no: c’è stato soprattutto silenzio,
silenzio sereno, ma molto doloroso. Penso che ci sia sempre qualche grazia speciale
che Dio dà a queste persone, per sopportare queste sofferenze terribili.