2009-09-10 15:34:13

I vescovi latinoamericani contro traffico di esseri umani e schiavitù


Il 24 e 25 agosto, presso la sede del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), a Bogotà, i rappresentanti di 13 Paesi della regione si sono riuniti sotto la guida della Sezione mobilità umana del coordinamento ecclesiale continentale per fare il punto sul traffico di essere umani. Si è trattato del terzo incontro regionale e, in quest’occasione, la questione è stata analizzata nell’ottica pastorale presentata dal documento di Aparecida, ma anche nella prospettiva della “Caritas in veritate”. Pastori ed esperti hanno voluto affrontare il tema della “schiavitù contemporanea”, sia dal punto di vista della "diagnosi del fenomeno” sia dal punto vista “delle sfide e degli impegni” che le comunità ecclesiali devono assumere alla luce del loro mandato: “essere discepoli e missionari di Gesù Cristo”. La dichiarazione conclusiva ricorda che le persone che cadono nelle reti del traffico umano “subiscono danni irreparabili”: non solo perché vittime di raggiri, false promesse di lavoro e privazione della libertà, ma soprattutto perché subiscono l'“annullamento della propria identità”. Tra le conseguenze c'è la perdita dell’autostima, il senso di vergogna, il dolore spirituale e altre manifestazioni comportamentali negative che in non pochi casi portano al suicidio. I partecipanti al Seminario hanno però voluto sottolineare anche un altro aspetto spesso sconosciuto: per “nuove schiavitù del XXI secolo si devono intendere diversi flagelli o modalità di perdita della propria identità, come il furto di organi o la costrizione a venderli, le adozioni illegali, lo sfruttamento lavorativo, i lavori forzati, i matrimoni di convenienza e infine lo sfruttamento sessuale”. La Chiesa cattolica, in diverse regioni del mondo, è fra le poche istituzioni che si occupano di queste persone insieme con alcune organizzazioni della società civile e lo fa in ottemperanza della sua missione evangelizzatrice al servizio della persona e della sua dignità. Consapevoli che le comunità ecclesiali al riguardo hanno titoli legittimi e autorevolezza, i partecipanti chiedono ai governi del mondo, e in questo caso in particolare a quelli latinoamericani, l’adozione di leggi e regolamenti non per criminalizzare le vittime bensì per punire il reato e le persone che si rendono colpevoli. Si tratta, osservano, di una conquista nella quale i mezzi di comunicazione sociale possono essere di grande utilità se abbracciano come causa quella di difendere la dignità di ogni uomo e in ogni circostanza. Infine, il Seminario lancia un appello a tutte le istanze della Chiesa cattolica, dalle parrocchie alle conferenze episcopali, affinché si prendano misure per accrescere l’impegno di tutti sino ad oggi compiuto in questa campo. Prima del congedo i partecipanti al seminario rivolgono un appello speciale agli imprenditori, soprattutto del settore turistico, perché prestino la massima vigilanza poiché si tratta di ambito dove spesso si consumano gravi reati legati alle reti del traffico delle persone. I partecipanti indirizzano un pensiero finale i partecipanti all’enciclica “Caritas in veritate” poiché, affermano, ci insegna e ci ricorda la centralità della persona umana al servizio della quale esistono i sistemi economici e le regole del mercato. (A cura di Luis Badilla)







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