Verso il secondo Sinodo per l'Africa: intervista con il cardinale Napier
“La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.
Voi siete il sale della terra…Voi siete la luce del mondo”. Questo il tema della Seconda
Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà in Vaticano
dal 4 al 25 ottobre. A 15 anni dal primo Sinodo per l’Africa, tenutosi nel 1994, la
Chiesa torna dunque a riflettere su questo continente. Ad aprire i lavori, sarà la
Santa Messa presieduta da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana, domenica 4 ottobre
alle ore 9.30. Ma oggi, quale interesse rivestono per l’Africa i temi della riconciliazione,
della giustizia e della pace? Festus Tarawalie, della nostra redazione Inglese
Africa, lo ha chiesto al cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban,
in Sudafrica:
R. - Penso
che la risposta migliore sia che il tema è stato scelto sulla base delle risposte
che le Conferenze episcopali hanno dato al Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria
Generale del Sinodo dei Vescovi sin dalla sua prima sessione nel 1994. Quindi le questioni
indicate nel tema sono sicuramente questioni che la Chiesa in Africa ha individuato
nel corso di questi ultimi 15 anni.
D. - Cosa si
aspetta la Chiesa africana da questo Sinodo?
R. -
La prima cosa che cerchiamo è come promuovere meglio la dimensione dell’essere “luce
del mondo e sale della terra”: se vogliamo avere un impatto sulla società, il Vangelo
deve essere il centro della nostra vita e ogni membro della Chiesa deve essere autenticamente
e profondamente evangelizzato. In altre parole, dobbiamo cercare un’autentica amicizia,
una relazione personale con Cristo. Il nostro auspicio è che il Sinodo ci mostri come
la Chiesa in altri Paesi africani sia riuscita a fare ciò.
D.
- Che differenze ci sono tra la situazione durante la preparazione del primo Sinodo
del 1994 e la situazione attuale?
R. - Nel 1994
avevamo una situazione unica. Da un lato, avevamo la transizione in Sudafrica che
rappresentava il migliore esempio delle cose buone che si possono fare in Africa
quando la gente lavora insieme ed è mossa da un unico intento. La transizione dall’apartheid
alla democrazia è stata probabilmente la meno sanguinosa di tutte le transizioni in
Africa. Nello stesso momento avevamo i massacri in Ruanda, i peggiori mai avuti in
Africa, in cui l’etnocentrismo ha causato la perdita insensata di tante vite umane.
La vera tragedia era che ciò era potuto accadere in Paesi come il Burundi e il Ruanda,
ma in particolare il Ruanda, con un’alta percentuale di cattolici. Non sapevamo se
gioire o piangere per quello che stava avvenendo in Africa. Oggi vedo molti più esempi
di Paesi che hanno compiuto una transizione da dittature a forme di governo più democratiche.
Ma ci sono ancora aree dove la popolazione non può godere della pace: penso in particolare
all’area dei Grandi Laghi, al Congo Orientale, al Nord e Sud Kivu, dove la povera
gente è all’esasperazione.
D. - Quali sono i principali
successi di quel primo Sinodo?
R. - La proclamazione
della Parola è stata il punto centrale: abbiamo appreso come la Chiesa stava annunciando
la Parola nei diversi Paesi del Continente. Il secondo punto è stato il dialogo e
ritengo che questo sia particolarmente importante in Africa dove, in genere, c’è
un forte senso comunitario per cui il fatto di appartenere a diverse Chiese o religioni
non significa che non possiamo sentirci comunità. Quindi il dialogo nelle Chiese e
il dialogo tra cristiani e altre religioni è stato un altro tema molto importante
di quel primo Sinodo. C’è poi l’area della giustizia e della pace: lo spazio riservato
a questo tema durante il Sinodo ha attirato l’attenzione dei vescovi africani nel
periodo successivo.