Il Papa alla Coldiretti: riaffermare i principi etici nell'economia. Il cardinale
Bertone: condividere i beni della terra
“La pace sia frutto di reale condivisione dei beni della terra fra tutti i suoi abitanti”:
è quanto ha detto stamani il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone durante
la Messa in occasione del Convegno nazionale dei Consiglieri ecclesiastici dei Coltivatori
Diretti, che si svolge a Roma sul tema “Solidarietà: le ali della speranza - etica
ed economia oggi”. Ecco il testo integrale dell’omelia del cardinale Bertone. Cari
fratelli e sorelle, vi ringrazio per avermi invitato a pregare
insieme a voi, prima dell’incontro che avrete con il Santo Padre Benedetto XVI, e
volentieri celebro per voi e con voi il Sacrificio eucaristico. Tra poco, all’offertorio,
offriremo il pane e il vivo, “frutto della terra e del lavoro dell’uomo”. Quest’oggi
avvertiamo la verità di tali parole più intensamente, poiché la nostra assemblea liturgica
è formata in gran parte da voi, cari Consiglieri ecclesiastici dei Coltivatori Diretti,
convenuti a Roma per il vostro Convegno Nazionale dal titolo: “Solidarietà: le ali
della speranza - etica ed economia oggi”. A ciascuno rivolgo il mio cordiale saluto,
ad iniziare da Padre Renato Gaglianone, Consigliere ecclesiastico nazionale, ed esprimo
a tutti viva gratitudine per il servizio che rendete alla Chiesa con la quotidiana
azione pastorale nel mondo rurale. Il vostro è un servizio apostolico
importante e prezioso, tenendo conto anche delle molteplici problematiche e difficoltà
che caratterizzano, in questo nostro tempo, l’attività agricola non solo in Italia,
a seguito, a esempio, del vasto fenomeno dell’industrializzazione urbana e dell’abbandono
delle campagne. Se è vero che con il progresso scientifico, industriale e tecnologico
molte cose vanno cambiando, resta però indispensabile, per la sopravvivenza umana,
coltivare la terra, al fine di trarre da essa un sufficiente e sano nutrimento per
tutti gli uomini. In tale contesto, acquista significativo rilievo il tema sul quale
volete riflettere: la solidarietà, la speranza ed il rapporto tra etica ed economia
oggi. E’ un vasto campo di riflessione che tanto sta a cuore alla Chiesa e al Papa,
e al riguardo non sono mancati, negli ultimi decenni, diversi e precisi riferimenti
del magistero pontificio. Pensiamo alla Rerum novarum, che pose in modo nuovo, alla
fine dell’800 e all’alba del 900, la questione del lavoro, seguita poi, lungo il secolo
XX, da altre Encicliche sociali dei Papi, i quali non hanno mai trascurato la questione
del lavoro, in particolare quello agricolo. Cari Consiglieri
ecclesiastici diocesani della Coldiretti, sostenete ed incoraggiate coloro che in
vario modo sono occupati nel settore agricolo-alimentare, aiutandoli a fare della
loro attività un’autentica missione al servizio della società e della Chiesa. E per
questo preoccupatevi che la promozione economica del mondo rurale sia sempre ispirata
ai valori del Vangelo, come emergono nel costante insegnamento sociale della Chiesa.
Cerchiamo di trarre ora dalla parola di Dio, che è stata proclamata, qualche utile
spunto di riflessione. Soffermiamoci dapprima sulla pagina evangelica. San Luca ci
presenta Gesù che, alzati gli occhi verso i suoi discepoli (gesto che indica l’importanza
di quanto si appresta a dire), proclama il noto discorso delle Beatitudini. Nella
versione lucana notiamo una differenza rispetto al racconto di san Matteo. Qui - come
abbiamo ascoltato - Gesù proclama per quattro volte “Beati” e poi aggiungerà alcune
volte “Guai”. Beati sono i poveri, perché proprio di essi è il regno di Dio, beato
è chi ora ha fame, perché sarà saziato, beato è chi ora piange, perché riderà, beato
chi è odiato e messo al bando, insultato e respinto a causa del Figlio dell’uomo.
“Rallegratevi - dice Gesù - ed esultate, perché ecco la vostra ricompensa è grande
nei cieli”. Segue poi l’ammonimento: “Guai a voi che ora siete sazi… guai a voi che
ora ridete... guai a voi quando tutti diranno bene di voi...”. Potremmo
dire che Gesù fotografa la realtà quotidiana: spesso chi cerca di seguire il Vangelo
non ha vita facile; chi si adatta o sceglie lo spirito del mondo, pare invece godere
di un benessere e di un successo che si rivelano però ben presto apparenti e fallaci.
Ma egli ci mette in guardia e ci invita a saper leggere le vicende di questa terra
in una prospettiva ben più alta, la prospettiva dell’eternità. Presenta una contrapposizione
tra “ora” e il domani: chi ha fame “ora”, sarà domani saziato. Gesù parla del futuro,
ma il futuro a cui fa riferimento è già presente nell’oggi della nostra esistenza.
Se il nostro cuore si apre a Lui e nella fede lo accogliamo con amore, siamo con Lui
e si realizza già la beatitudine che egli proclama. La via
che Egli indica è l’opposto di quella che il mondo ci propone. Non spende molte parole:
ne bastano quattro. Quattro beatitudini, ben delineate e chiare. Annuncia ai poveri,
agli affamati, agli abbandonati e agli assetati di giustizia che Dio ha scelto di
stare accanto a loro. La sua vicinanza e quella dei suoi discepoli sarà per loro il
segno di una gioia grande. E’ per questo che sono “beati”. La beatitudine, la felicità,
non scaturisce certo dalle tristi e precarie condizioni di vita, che al contrario
dobbiamo cercare sempre di migliore. Non è bello, infatti, né essere poveri, né essere
afflitti, né essere affamati, né essere insultati. La loro beatitudine sta nel fatto
che Dio ha scelto di stare con loro, essi accolgono il suo amore e ne fanno la ragione
della propria vita. La nostra beatitudine, pur tra prove e fatiche, è dunque Dio nella
nostra esistenza. Tocca a noi credenti e specialmente a noi, cari sacerdoti, far sentire
l’amore di Dio, unica vera ricchezza che non si acquista nei mercati del mondo, ma
che Dio dona gratuitamente a chi si affida a Lui. Accogliamo
pertanto, cari fratelli e sorelle, l’invito che l’apostolo Paolo rivolgeva ai Colossesi
e che abbiamo ascoltato nella prima Lettura, l’invito a “cercare le cose di lassù
dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio” (cfr Col 3,1). In nessuna attività
umana, come quella agricola, l’uomo avverte quanto sia importante essere “collaboratori”
di Dio. La terra – ha scritto il Santo Padre nella sua ultima Lettera enciclica Caritas
in veritate – è dono prezioso del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci,
dandoci così gli orientatamenti doverosi per “custodirla e coltivarla” (Gn
2,15), come amministratori della sua creazione. Ed è a partire da questa consapevolezza,
che la Chiesa considera le questioni connesse con l’ambiente e la sua salvaguardia
intimamente legate anche con il tema dello sviluppo umano integrale. Il Papa richiama
allora “l’urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà” non solo tra i Paesi,
ma tra i singoli uomini, perché l’ambiente naturale è dato da Dio per tutti, e il
suo uso comporta una nostra personale responsabilità verso l’intera umanità, in particolare
verso i poveri e le generazioni future (cfr. 48,49,51). La Chiesa non soltanto promuove
la difesa della terra, dell’acqua e dell’aria, che il Creatore ha donato a tutti,
ma si adopera soprattutto per proteggere l’uomo contro la distruzione di se stesso.
In effetti – aggiunge il Papa – “Quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società,
anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio” (ibid.). “Se viene meno il rapporto
della creatura umana con il Creatore la materia è ridotta a possesso egoistico, l’uomo
ne diventa l’ultima istanza e lo scopo dell’esistenza si riduce ad essere una affannata
corsa a possedere il più possibile” (Catechesi di Benedetto XVI del 26 agosto scorso).
Auguro di cuore che il vostro XXXVI Convegno Nazionale possa
essere un’occasione propizia per sottolineare l’importanza della presenza di Dio nell’esistenza
e nell’attività dell’uomo. In proposito, vorrei richiamare un altro passo della Caritas
in veritate, dove Benedetto XVI scrive: “Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non
riesce nemmeno a comprendere chi egli sia”. E prosegue:“Dio ci dà la
forza di lottare e di soffrire per amore del bene comune, perché Egli è il nostro
tutto, la nostra speranza più grande”. Bella e suggestiva è poi l’immagine che evoca
il Sommo Pontefice laddove osserva: “Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia
alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che
l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo,
non è da noi prodotto ma ci viene donato”. Si comprende pertanto perché il Papa insiste
nel ribadire che “lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione
delle esperienze di fiducia in Dio, fraternità spirituale in Cristo, di affidamento
alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a
se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace (cfr ibid. 78). Mi
piace chiudere con queste parole del Pontefice Beato Giovanni XXIII, figlio di contadini,
da lui rivolte ai partecipanti alla XI Conferenza della FAO: “Il mondo di oggi aspira
a due grandi beni, che sono la pace e il pane”. Il legame tra pace e pane fa pensare
all’indispensabile ricerca della giustizia, della solidarietà che deve sempre animarci
e, in questo ambito, al contributo che la Coldiretti e il mondo agricolo possono offrire
alla costruzione di un mondo dove la pace sia frutto di reale condivisione dei beni
della terra fra tutti i suoi abitanti. Per questo occorre il ricorso all’aiuto di
Dio con la preghiera e l’impegno concreto di ognuno di noi. Per
chi lavora nel mondo agricolo, questo impegno legato alla preghiera è fortemente evocato
dal pane e dal vino che offriremo tra poco sull’altare e che diventeranno il Corpo
e il Sangue di Cristo. Invochiamo per il vostro servizio pastorale la celeste intercessione
di san Pietro Claver, che oggi ricordiamo, il quale trascorse lunghi anni in America
Latina e in Africa al fianco di schiavi che lavoravano nelle campagne. Invochiamo
su di voi e sull’intero mondo agricolo la materna protezione della Vergine Maria,
Madre sollecita dell’intera umanità. Amen!