2009-09-08 15:20:05

La guerra vissuta in prima persona in "Lebanon", film in concorso al Festival di Venezia


Un tac che sembra una cannonata: lo potrebbe essere, visto che siamo chiusi e strangolati all’interno di un carro armato dove quattro giovani israeliani credono che andare alla guerra sia come giocare a rimpiattino. E invece quel tac assordante, che è la colonna sonora del film "Lebanon" scritto e diretto dall’israeliano Samuel Moaz e si fonde alle implorazioni di pietà, alle urla, ai comandi gridati, ai litigi inutili, alle raffiche di mitragliatrice, è il rumore del teleobiettivo di quella spaventosa macchina da guerra. Senza pietà si sofferma sulle immagini inguardabili della carneficina, totali e particolari di una devastazione: un quadro di Maria e Gesù, un banco di verdura, il cadavere di un uomo, le urla di una donna che ha perso la figlia, un soldato che spara ed un altro che muore. Non è soltanto un film pacifista, "Lebanon". Prendendo spunto dalle fasi iniziali della Prima Guerra del Libano scoppiata nel giugno del 1982, alla quale Moaz oggi quarantenne partecipò come soldato uccidendo per la prima volta nella sua vita un uomo, è il diario sul quale si appuntano quelle memorie dure e si cristallizzano dopo anni i rimorsi di una coscienza, diventando così una sceneggiatura claustrofobica che emana l’odore della carne e della paura, del sangue e della disperazione. I quattro giovani dentro quel carro armato, diversi per temperamento e origine, sono tutti bloccati fisicamente, perché il dovere impone di ubbidire. Ma questo non corrompe del tutto la natura umana e loro debolezze sono i sintomi della vittoria del cuore e dell’anima. Tutto è girato dentro, senza alcun contatto con l’esterno se non il campo visivo stesso dei soldati, le sole informazioni a disposizione degli spettatori sono quelle che ricevono loro, l’identificazione è raggelante. Sudore, sangue, lacrime, escrementi, tutto lì dentro. Questa è la guerra e raramente il cinema l’ha fatta vivere così intensamente, spaventosamente in prima persona. I soldati piangono come bambini, pensano alla casa, alla madre, alla vita. Al futuro, se mai ci sarà. Quando usciremo da quel ventre maledetto? (Da Venezia, Luca Pellegrini) RealAudioMP3







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