Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa 23.ma Domenica del Tempo Ordinario la liturgia ci presenta il passo del
Vangelo in cui Gesù guarisce un sordomuto: “Effatà” – dice – cioè: “Apriti”. E dopo
la guarigione comanda i presenti di non dirlo a nessuno. "Ma più lo proibiva, più
essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano": «Ha fatto
bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Su questo brano
del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente
di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
Sono sei,
come i giorni della Creazione, le azioni che Gesù, l’Artista divino, compie per riportare
al suo splendore originario la Sua opera principale: l’uomo. E come nel sesto giorno
l’uomo fu creato, nella sesta azione che Gesù compie sul sordomuto, quando dice “effatà”,
l’uomo è ricreato.
È commovente la cura amorosa con
la quale Gesù si appresta a ricreare nell’uomo la sua primitiva dignità. Solo Lui
conosce fino in fondo quella dignità e, pertanto, solo Lui vede la portata della rovina
nella quale la Sua opera principale è precipitata.
“In
principio” Egli aveva dotato l’uomo dell’udito e della parola perché l’uomo potesse
udire quel che il Signore gli voleva comunicare e potesse, a sua volta, parlare con
il suo Creatore. Ora Gesù si trova davanti l’uomo sordo e muto e con grande cura e
affettuosa sollecitudine si adopera a risanarlo. La più grande dignità dell’uomo infatti
consiste nell’ascoltare il Signore e nel comunicare con Lui.