2009-09-05 15:10:55

Al Festival del Cinema di Venezia il film "Via della Croce" di Serena Nono


Quando l’arte incontra la carità e la fede. Alla 66.ma Mostra del Cinema in corso a Venezia, un momento di grande intensità si è vissuto con la proiezione di "Via della Croce", nel quale gli ospiti della Casa dell’Ospitalità di Sant’Alvise a Venezia diventano i protagonisti di una Via Crucis cinematografica realizzata dalla regista veneziana, Serena Nono. Il servizio di Luca Pellegrini. RealAudioMP3

La Casa dell’Ospitalità si trova a Canareggio. Accoglie ventidue ospiti dalle fedi e nazionalità diverse. Hanno in comune l’abbandono, la solitudine, il senso perduto della vita. Serena Nono, regista, pittrice e scultrice, ama Venezia, è attenta ai poveri, legge il Vangelo, conosce la musica, è figlia di Luigi, le cui musiche ha utilizzato nel film. Ha portato quei poveri, che di Gesù sono stati i compagni di strada, nelle calli e nei campi della città, li ha vestiti di poche cose, li ha fatti recitare la Passione, intercalando la lettura di brani del Vangelo di Giovanni e Matteo e le loro testimonianze di vita. Li ha posti davanti alla telecamera e li ha filmati così, in una sorta di neorealismo evangelico. Il processo con Pilato è nel Campo del SS. Salvatore, la flagellazione dinanzi a una chiesa, spesso l’acqua fa da sfondo. I temi del giudizio, dell’umiliazione, della solitudine, della morte e della Risurrezione sono resi attuali da chi nella vita li ha subiti e meditati e chi, sullo schermo, li recita, trovando forse così un senso nuovo per la propria esistenza. Incontrando la regista, le abbiamo chiesto quali sono le ragioni di questa scelta artistica:

 
“Ho conosciuto gli ospiti della Casa dell’Ospitalità. In quest’ambiente, che accoglie le persone senza tetto e senza fissa dimora, ho trovato un’umanità talmente carica e forte, una forza di accoglienza ed anche una saggezza in queste persone che mi ha fatto venire l’idea di mettere in scena la Passione e di rappresentare queste stazioni della Croce frapponendole alle loro Vie Crucis personali. Si tratta di persone dalle provenienze più svariate, che hanno delle storie molto travagliate e particolari. Quello che soprattutto m’interessava condividere, e che ho riconosciuto nella loro comunità, è stata quest’enorme umanità e capacità d’accoglienza - che è poi quello che predicava Gesù“.

 
Nerio Comisso, direttore della Casa dell’Ospitalità, che nel film si è ritagliato giustamente la parte del Cireneo, trova ci sia una forte lettura simbolica in questa Via Crucis cinematografica:

 
“C'è la sofferenza dell’uomo, il disinteresse e l’abbandono che l’uomo opera nei confronti del più povero, che spesso è quello che ti è più vicino. C’è però anche un atto di fede nella Risurrezione: si può risorgere da queste sconfitte. L’identificazione della nostra vita con la Passione di Cristo e con la Sua Risurrezione”.







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