2009-09-04 15:23:22

Festival di Venezia. Mons. Ravasi consegna il Premio Bresson al regista brasiliano Walter Salles


R. – Io sono convinto che sia da fare ancora una strada, soprattutto a due livelli. Da un lato, direi, sulla produzione cinematografica di qualità, che tante volte sembra apparentemente lontana da orizzonti di tipo religioso tradizionale, mentre in realtà è sempre sottintesa una profonda ricerca. Dall’altra parte, io direi che non bisogna automaticamente esorcizzare tutto il cinema di intrattenimento, quello forse più nazional-popolare, perché anch’esso certe volte, se evita le degenerazioni, le derive, nell’interno della banalità, della superficialità, della volgarità, rappresenta per l’uomo contemporaneo quello che accadeva in passato, quando l’uomo entrava nella piazza e vedeva la vita della città.

 
D. – Eccellenza, come cattolici e credenti spesso nell’ambito di questo dialogo con il mondo del cinema siamo considerati impermeabili, lontani, incapaci di aprirci ad un confronto, a un dibattito. Come poter far capire ai nostri interlocutori che l’universalità della Chiesa permette invece di ascoltare tutti e con tutti, nel rispetto delle proprie convinzioni, dialogare per il bene dell’uomo?

 
R. – Questa è veramente una delle grandi sfide, come si suol dire, ai nostri giorni, da affrontare da parte della pastorale in genere, ma io direi della cultura nella sua dimensione anche religiosa o ecclesiale. Ed è proprio per questo motivo che io spero di poter sempre di più, anche nella mia funzione di presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, di incrementare almeno tre linee diverse di dialogo con questo mondo. Primo, sicuramente, quello del cinema. Qualcosa si sta facendo, se pensiamo al Festival Tertio Millennio. In Messico abbiamo costituito una vera e propria scuola di cinematografia, “Filmar Lo Inefable”, a Guadalajara. Le strade sono ancora tanto aperte. La seconda linea è quella sicuramente dell’arte contemporanea, quindi anche ricordare questo dialogo con un mondo che è continuamente mutevole, ma che vuole, è pronto, ad accogliere le provocazioni. Quindi, non aver paura di entrare da questo ingresso. E da ultimo, la terza via, è forse quella, in genere, della cultura, nel senso più lato del termine, cioè far sì che tutti i percorsi, gli itinerari della cultura contemporanea, che tante volte sembrano essere vietati a noi, sono invece sentieri che possiamo percorrere con una nostra originalità e anche forse con una certa provocazione.
 







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