Festival di Venezia. Mons. Ravasi consegna il Premio Bresson al regista brasiliano
Walter Salles
R. – Io sono convinto che sia da fare ancora una strada, soprattutto a due livelli.
Da un lato, direi, sulla produzione cinematografica di qualità, che tante volte sembra
apparentemente lontana da orizzonti di tipo religioso tradizionale, mentre in realtà
è sempre sottintesa una profonda ricerca. Dall’altra parte, io direi che non bisogna
automaticamente esorcizzare tutto il cinema di intrattenimento, quello forse più nazional-popolare,
perché anch’esso certe volte, se evita le degenerazioni, le derive, nell’interno della
banalità, della superficialità, della volgarità, rappresenta per l’uomo contemporaneo
quello che accadeva in passato, quando l’uomo entrava nella piazza e vedeva la vita
della città.
D. – Eccellenza, come cattolici e credenti
spesso nell’ambito di questo dialogo con il mondo del cinema siamo considerati impermeabili,
lontani, incapaci di aprirci ad un confronto, a un dibattito. Come poter far capire
ai nostri interlocutori che l’universalità della Chiesa permette invece di ascoltare
tutti e con tutti, nel rispetto delle proprie convinzioni, dialogare per il bene dell’uomo?
R.
– Questa è veramente una delle grandi sfide, come si suol dire, ai nostri giorni,
da affrontare da parte della pastorale in genere, ma io direi della cultura nella
sua dimensione anche religiosa o ecclesiale. Ed è proprio per questo motivo che io
spero di poter sempre di più, anche nella mia funzione di presidente del Pontificio
Consiglio della Cultura, di incrementare almeno tre linee diverse di dialogo con questo
mondo. Primo, sicuramente, quello del cinema. Qualcosa si sta facendo, se pensiamo
al Festival Tertio Millennio. In Messico abbiamo costituito una vera e propria scuola
di cinematografia, “Filmar Lo Inefable”, a Guadalajara. Le strade sono
ancora tanto aperte. La seconda linea è quella sicuramente dell’arte contemporanea,
quindi anche ricordare questo dialogo con un mondo che è continuamente mutevole, ma
che vuole, è pronto, ad accogliere le provocazioni. Quindi, non aver paura di entrare
da questo ingresso. E da ultimo, la terza via, è forse quella, in genere, della cultura,
nel senso più lato del termine, cioè far sì che tutti i percorsi, gli itinerari della
cultura contemporanea, che tante volte sembrano essere vietati a noi, sono invece
sentieri che possiamo percorrere con una nostra originalità e anche forse con una
certa provocazione.