Piano europeo per il diritto d’asilo. Mons. Ambrosio: un segnale positivo
Un sistema comune europeo per il diritto d’asilo. Il Piano è stato presentato ieri
a Bruxelles dal vicepresidente della Commissione europea, Jacques Barrot. L’obiettivo
è di porre in atto una politica concertata per accogliere i rifugiati nel rispetto
dei principi dell’Onu e della Commissione europea dei diritti dell’uomo. Il Piano
dovrebbe partire nel 2010, dopo l’esame del Consiglio europeo in ottobre. Il servizio
di Roberta Gisotti.
200 mila
rifugiati su 10 milioni in tutto mondo – sono dati Onu - aspettano di essere reinsediati
nel 2010, 65 mila nei Paesi dell’Unione Europea, che va detto ne accolgono una quota
minoritaria, perché la grande maggioranza si trova fuori dell’Ue, in Paesi in via
di sviluppo dell’Asia e dell’Africa. Da qui l’atteso Piano comune europeo per il diritto
d’asilo, “un passo importante – ha sottolineato Jacques Barrot - che dimostra una
solidarietà concreta con i Paesi terzi” e forse anche per quietare le accese diatribe
all’interno dell’Ue su chi debba accogliere i rifugiati e respingere i clandestini.
Il Piano prevede infatti – ha spiegato Barrot – “una più stretta cooperazione politica
e pratica tra gli Stati membri”. Al nostro microfono abbiamo mons. Gianni
Ambrosio, vescovo di Piacenza, delegato della Cei alla Comece, la Commissione
degli Episcopati della Comunità Europea.
D. - Eccellenza,
dopo tanti rimpalli di responsabilità, possiamo valutare positivamente questo Piano
dell’Unione Europea?
R. – Senz’altro. L’Unione
Europea non poteva lasciare i singoli Stati ad affrontare appunto tutta la problematica.
E’ buona cosa che ci sia una visione d’insieme, in cui davvero i vari aspetti della
problematica possano essere considerati.
D. – Il
piano prevede un Fondo europeo per i rifugiati ed un Ufficio europeo di sostegno per
l’asilo. Questo basta a fugare il dubbio che dopo le parole, le promesse, non seguano
i fatti che, sappiamo bene, comportano costi economici per l’accoglienza e per mettere
in piedi strutture adeguate?
R. – Credo che sia,
comunque, un segnale positivo e forse potrebbero anche esserci degli esempi storici
cui richiamarsi per illuminare tutta la complessa situazione. Penso ad esempio ai
“boat people” in fuga dal Vietnam dopo la guerra. Certo, occorre davvero un impegno
serio e profondo da parte dell’Unione Europea, per mettere a fuoco, appunto, i diversi
aspetti di questo problema delicato.
D. - L’Unione
Europea dice comunque sì al respingimento degli immigrati clandestini, salvo mettere
a rischio la vita delle persone. Un tema spinoso che ha acceso aspre polemiche con
l’Alto Commissariato dell’Onu... Che dire a questo punto?
R.
– Anche in questo caso io credo che davvero bisogna avere la pazienza di saper tenere
insieme gli aspetti che possano anche risultare contrastanti. Tenere insieme vuol
dire che davvero la vita delle persone non può mai essere messa a rischio. Quindi,
il cuore aperto deve sempre essere caratterizzante le politiche dell’Unione Europea.
Nello stesso tempo, però, credo che occorra anche dare qualche segnale a molte persone
che si avventurano in mare aperto, su piccole imbarcazioni e che davvero rischiano
di sprofondare in mare, nonostante la disponibilità, nonostante l’aiuto. Io credo
che occorra davvero mettere insieme questi diversi aspetti, con grande realismo, per
evitare le polemiche. Le polemiche spesso sono dovute a visioni distorte da parte
di ideologie o di chiusura o di apertura, ma indiscriminate. Ecco, se si riuscisse
a guardare in faccia la realtà, ripeto, con cuore aperto, ma anche con mente lucida,
forse potremmo davvero riuscire ad affrontare un problema così grande come quello
dell’immigrazione.