Pakistan: i vescovi chiedono giustizia per i cattolici
In Pakistan si cerca di far luce sull’ultima strage che lo scorso 28 agosto ha colpito
la comunità cristiana. Il prefetto apostolico di Quetta, mons. Victor Gnanapragasam,
ha dichiarato all’Osservatore Romano che il massacro compiuto da uomini armati in
una bottega gestita da cattolici “non ha nulla a che fare con l’azione di estremisti
musulmani”. Secondo il presule l’attacco, compiuto nel centro di Quetta e costato
la vita ad almeno 5 persone, è stato condotto da una banda di criminali. L’obiettivo
- aggiunge mons. Gnanapragasam - è di terrorizzare per estorcere denaro in cambio
di una presunta “protezione”. In Pakistan, intanto, prosegue con estrema lentezza
il processo relativo alle violenze avvenute a Gojra, nella regione del Punjub e costate
la vita lo scorso primo agosto ad 11 persone. “Anche questa volta – ha detto l’arcivescovo
di Lahore, mons. Lawrence Sadanha, presidente della Conferenza Episcopale del Pakistan
– i colpevoli rimarranno impuniti”. “Siamo rimasti sconcertati – ha dichiarato il
vicario generale di Hyderabad, mons. John Murad – per la lentezza con cui si sta muovendo
la giustizia”. “Non è un buon segnale e ritengo che la battaglia contro gli abusi
perpetrati a causa dell’attuale legge sulla blasfemia sia ancora molto lunga”, ha
aggiunto mons. John Murad all’agenzia UcaNews. In base all’attuale normativa in vigore
in Pakistan, ogni presunto insulto al Corano può essere punito con il carcere a vita.
Ogni offesa a Maometto è passibile della pena capitale. Secondo dati forniti dalla
Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale pakistana dal 1986, dall’anno
in cui la legge sulla blasfemia è in vigore, almeno 964 persone sono state accusate
di violazioni. La Chiesa ha indetto nei giorni scorsi una petizione popolare raccogliendo
firme da presentare al governo per chiedere l’abolizione della legge. La comunità
cristiana in Pakistan e le altre minoranze religiose, che spesso subiscono ingiustizie
a causa della norma sulla blasfemia, da tempo chiedono la sua modifica o abolizione.
Il presidente del Pakistan, Pervez Musharraf, aveva già tentato di riformare la legge
nel 2000, ma poi non era riuscito nel suo intento a causa delle pressioni da parte
di gruppi fondamentalisti e di partiti religiosi. (A.L.)