Memoria di San Gregorio Magno. Benedetto XVI: un esempio per i pastori della Chiesa
e gli amministratori pubblici
Oggi si celebra la memoria di San Gregorio Magno, Papa e dottore della Chiesa, vissuto
nel sesto secolo, negli anni delle cosiddette invasioni barbariche. Benedetto XVI
ha dedicato a questa grande figura un Angelus e due catechesi nel corso delle udienze
generali del mercoledì. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Un esempio
per i pastori della Chiesa e gli amministratori pubblici. Benedetto XVI descrive così
San Gregorio Magno, un uomo di grande integrità morale, punto di riferimento per tutti,
in anni difficili, grazie alla santità di vita, al suo stile semplice e povero: prefetto
di Roma a soli 30 anni, diventa monaco, per essere poi acclamato Papa contro la sua
volontà. E’ il primo a definire il Vicario di Cristo come “servo dei servi di Dio”.
E’ intimamente colpito dall’umiltà del Figlio di Dio che si china a lavare i piedi
sporchi dell’umanità. Per Gregorio Magno è questo il compito del pastore d’anime:
“La
vita del pastore d’anime deve essere una sintesi equilibrata di contemplazione e di
azione, animata dall’amore che - dice - ‘tocca vette altissime quando si piega misericordioso
sui mali profondi degli altri. La capacità di piegarsi sulla miseria altrui è la misura
della forza di slancio verso l’alto' ” . (Angelus del 3 settembre 2006)
San
Gregorio Magno aiuta i poveri, gli ultimi, gli abbandonati. Guarda alle invasioni
barbariche con spirito fiducioso e a differenza dell’Imperatore bizantino, che considerava
i Longobardi individui rozzi da sconfiggere o sterminare, vede queste popolazioni
con gli occhi del buon pastore, preoccupato di annunciare loro la parola di salvezza:
“Con
profetica lungimiranza, Gregorio intuì che una nuova civiltà stava nascendo dall’incontro
tra l’eredità romana e i popoli cosiddetti ‘barbari’, grazie alla forza di coesione
e di elevazione morale del Cristianesimo”. (Angelus del 3 settembre 2006)
Celebri
i binomi di questo grande Papa: fai quello che sai, vivi ciò di cui parli, opera quello
che conosci. Perché comprendere le cose di fede è nulla se la comprensione non conduce
all’azione. E la sua immensa attività parte dal riconoscere con umiltà la propria
miseria. Parte dal primato della preghiera:
“Era
un uomo immerso in Dio: il desiderio di Dio era sempre vivo nel fondo della sua anima
e proprio per questo egli era sempre molto vicino al prossimo, ai bisogni della gente
del suo tempo. In un tempo disastroso, anzi disperato, seppe creare pace e dare speranza.
Quest’uomo di Dio ci mostra dove sono le vere sorgenti della pace, da dove viene la
vera speranza e diventa così una guida anche per noi oggi”. (Udienza generale del
28 maggio 2008)