Brasile. Il cardinale Scherer: la laicità non diventi discriminazione
La laicità dello Stato, invocata frequentemente e spesso in modo errato, “non autorizza
la repressione delle idee o delle manifestazioni religiose”: osserva il cardinale
Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo, in un articolo sul settimanale dell'arcidiocesi
“O São Paulo”, di cui riferisce l’agenzia Zenit. Il cardinale Scherer interviene nel
dibattito intorno ad un'azione civile per ritirare i simboli religiosi dai luoghi
ad alta visibilità e di assistenza al pubblico negli organi federali dello Stato di
San Paolo. L'azione, proposta il 31 luglio, argomenta che essendo lo Stato brasiliano
“laico”, la presenza di questi simboli sarebbe contraria alla Costituzione. Risponde
il cardinale nel suo articolo che non c'è nulla nel testo costituzionale che proibisca
la presenza di simboli religiosi negli spazi dello Stato. “Intendiamo bene la laicità
dello Stato: - scrive il porporato - si tratta della chiara separazione tra Stato
e Chiesa, al contrario di ciò che era in vigore prima della Repubblica, quando il
Brasile aveva nel cattolicesimo la sua religione 'ufficiale'”. Lo Stato brasiliano
“non ha una religione ufficiale, ma le rispetta tutte e lascia al cittadino la libertà
di scelta; e rispetta anche la libertà di avere o non avere una religione. La Chiesa
cattolica lo accetta senza problemi”. D'altro lato, prosegue il cardinale, “la laicità
dello Stato significa anche che questo non interferisce nelle Chiese e nelle religioni
in modo indebito, rispettando la loro autonomia interna per organizzarsi, fatti salvi
i principi costituzionali”. Secondo il porporato, “la laicità dello Stato è invocata
troppo spesso e con troppa facilità, e in modo errato”. “Sicuramente non autorizza
la repressione di idee o manifestazioni religiose, a meno che non siano chiaramente
criminose, come nel caso dell'incitamento alla violenza o della promozione di atti
disonesti”. “Non potrebbe nemmeno promuovere la discriminazione dei cittadini che
confessano una religione, negando loro il libero accesso alle funzioni pubbliche o
al loro esercizio; né autorizza la svalutazione preconcetta delle posizioni e delle
idee dei cittadini per il fatto di essere membri di una o dell'altra religione; né
potrebbe essere invocata per imporre a tutta la società una sorta di pensiero 'ufficiale',
come unico valido e con diritto a che se ne tenga conto”. L'arcivescovo di San Paolo,
sottolinea quindi che la presenza di simboli religiosi negli spazi pubblici “fa parte
della storia e della cultura del popolo e delle sue libere manifestazioni; finora
questo non è mai stato visto come mancanza di rispetto o offesa alla libertà religiosa”.
“Al contrario – ritiene il porporato - l'esclusione forzata dagli spazi pubblici dello
Stato da un momento all'altro potrebbe, questo sì, suscitare in molti brasiliani,
e non solo cattolici, rimostranze e una sensazione di mancanza di rispetto”. Oltre
a ciò, aggiunge il cardinale “l'esperienza ha dimostrato in più di cent'anni di Repubblica,
il mantenimento dei simboli religiosi negli spazi pubblici non ha portato il Brasile
ad avere una religione ufficiale”. Quindi conclude “resta da chiedersi se il Brasile
sarebbe migliore se venissero eliminati i simboli religiosi”. (R.G.)