Il tasso di disoccupazione registrato nella zona dell'Euro nel mese di luglio è salito
al 9,5%, contro il 9,4% del mese precedente. Oltre 15 milioni i disoccupati. Lo rende
noto Eurostat. Si tratta, spiega l'ufficio europeo di statistica, del tasso più elevato,
nei Paesi che aderiscono alla moneta unica, dal maggio 1999. Nei 27 Paesi dell’Unione,
invece, il valore ha raggiunto il 9,0% traducendosi in quasi 22 milioni di disoccupati.Per
una valutazione Massimiliano Menichetti ha intervistato l’economista Alberto
Quadrio Curzio che sottolinea innanzitutto la situazione più critica, la Spagna
che registra un tasso di senza lavoro pari al 18,7%: R. – Il dato
spagnolo è certamente un dato molto brutto e, d’altra parte, è un dato atteso, perché
quell’economia celebrata negli anni passati come un esempio da seguire sotto tutti
i profili, in realtà era un’economia, come si suol dire, “drogata” da un settore edilizio
che era cresciuto ben oltre la capacità di tenuta di quel sistema economico, con una
manifattura sostanzialmente debole. Questo è il brutto conto che la Spagna si trova
a dover pagare. D. – Francia, Germania e Italia oscillano tra
il 7 e 9 per cento… R. – Credo che si assestino su un tasso
di disoccupazione che in condizioni come quelle in cui ci troviamo, spiace dirlo,
è accettabile, nel senso che poteva essere ben peggiore e tuttavia così non è. Tre
grandi Paesi che indubbiamente hanno un punto di forza in economie bilanciate tra
agricoltura, industria e servizi. D. – Disoccupazione al 9 per
cento nell’Europa a 27, al 9,5 per cento nell’area Euro: un dato che ci riporta indietro
di 10 anni, al 1999… R. – E’ certamente un dato preoccupante
e, tuttavia, dobbiamo anche guardarci intorno a quello che sta succedendo in altri
Paesi. Tutto sommato, l’Europa, avendo un sistema di ammortizzatori sociali, non espone
a rischi come accade per esempio negli Stati Uniti dove chi si trova in condizioni
di difficoltà sul lavoro ha quelle che sono delle derive di povertà che sono evidentemente
incompatibili con la caratterizzazione di una democrazia civile. Ma io sono fiducioso
che il futuro dell’Europa sia il futuro di un’area che si sviluppa con gradualità
e che non fa della crescita economica l’unico obiettivo. Naturalmente bisogna anche
osservare che la capacità di esportazione dell’Europa è una capacità assai marcata.
Quindi, vuol dire che è anche un’economia competitiva su scala mondiale