2009-08-31 15:04:05

Giappone: dimissioni di Taro Aso dopo la storica vittoria dei Democratici


Il partito democratico giapponese vince le elezioni ed infrange il primato di quasi 54 anni di governo ininterrotto dei liberaldemocratici. Taro Aso, leader del Kiminto e primo ministro, ha dovuto riconoscere la netta sconfitta ed ha rassegnato le dimissioni sia dal governo che dalla guida della sua formazione politica. I democratici hanno infatti conquistato la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera Bassa. Il servizio da Tokyo di Piergiorgio Pescali:RealAudioMP3

Sarà il partito democratico di Yukio Hatoyama ad avere il compito di trascinare il Giappone lontano dalle acque tempestose della recessione economica e sociale. Con 308 seggi alla Camera Bassa, i democratici conquistano la maggioranza assoluta, mentre i liberaldemocratici, dopo 54 anni di ininterrotta supremazia, passano all’opposizione con 119 deputati. Anche il tradizionale alleato del partito liberaldemocratico, il New Komeito Party, ha subito un tracollo passando da 31 a 21 membri. Tengono i comunisti e i socialdemocratici, che entreranno nella Camera Bassa con nove e sette rappresentanti. Con la vittoria del Partito democratico si conclude una lunga fase della storia giapponese. I nipponici hanno inviato una chiara intenzione di cambiamento alla classe politica. Hatoyama, che ha già confermato che il suo sarà un governo di coalizione con socialdemocratici e New People’s Party, dovrà ora mantenere le ambiziose promesse fatte durante la campagna elettorale.

 
E sullo storico cambio alla guida della politica nipponica, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Antonio Fatiguso, responsabile della sede Ansa di Tokyo:RealAudioMP3

R. – I cambiamenti all’inizio un po’ spaventano, però, nel caso del Giappone, sono sicuramente dei cambiamenti salutari. Salutari perché si tratta di un Paese che è stato praticamente egemonizzato negli ultimi 54 anni dal Partito liberaldemocratico, il quale ha portato anche ad ingessare il Paese e la sua struttura organizzativa. Uno dei punti forti del programma del Partito democratico è proprio la lotta alla burocrazia. Paradossalmente qui c’è stato un “partito-padre” per 54 anni, ma l’instabilità politica è stata altissima: il Partito liberaldemocratico è diviso in fazioni così agguerrite tra di loro che alla fine i governi hanno avuto vita piuttosto breve, tranne alcune eccezioni, come il primo ministro Junichiro Koizumi, ancora amatissimo. Dinanzi a questa instabilità chi alla fine ha diretto e governato il Paese è stata appunto la burocrazia, cioè gli alti burocrati che, ai vertici dei ministeri, sono stati i veri e propri ministri e la cosa è alquanto singolare.

 
D. – Tra gli obiettivi dichiarati in campagna elettorale dal Partito democratico c’è quindi lo snellimento della politica interna?

 
R. – Sì. In sostanza la politica deve riprendere il comando e la gestione dell’apparato amministrativo. La politica deve decidere l’apparato amministrativo, cosa che attualmente non fa.

 
D. – Quale sarà, secondo gli osservatori, l’atteggiamento del nuovo governo in politica estera, soprattutto nei rapporti con le grandi potenze come ad esempio la Cina?

 
R. – Oggi c’è stato un interessante intervento di Gerald Curtis, che è un professore di Scienze Politiche della Columbia University ed è un grande conoscitore del Giappone. Egli diceva che non succederà nulla, almeno nell’immediato, nel senso che – come ha detto lo stesso Hatoyama – il Giappone è un Paese asiatico e quindi è normale che abbia maggiori legami con il resto dell’Asia, nonostante non ci siano mai state delle grandi simpatie per motivi storici ed anche per altre ragioni. C’è comunque la consapevolezza, in Giappone – soprattutto nel fronte democratico – che l’Asia possa essere vista dal Giappone come una sorta di “mercato domestico”. Da questo punto di vista non possono che esserci dei vantaggi, anche perché il partner americano – che fino a non molto tempo fa era il primo in assoluto nell’interscambio commerciale – mostra qualche acciacco e per la ripresa ci vorrà, forse, ancora un po’ di tempo.







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