Importante accordo tra Corea del Nord e Corea del Sud per la riunificazione delle
famiglie divise dalla guerra del 1950
Le due Coree sono più vicine. Seul e Pyongyang, con l’intervento della Croce Rossa
sudcoreana, hanno siglato ieri un accordo che consente la riunificazione delle famiglie
separate a causa della dolorosa guerra del 1950-53. Dal 26 settembre prossimo sarà
possibile avviare le procedure di riavvicinamento. Su questa intesa, per certi versi
storica, e che fa sperare in un dialogo ancora più proficuo tra i due Paesi, Giancarlo
La Vella ha intervistato padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia
del Pime, AsiaNews:
R. – Credo
che sia un primo passo per una ripresa ed una distensione dei rapporti tra le due
Coree ed è bello che incominci da una questione umanitaria, perché effettivamente
chi soffre per la divisione non sono tanto i governi, ma la popolazione e le famiglie
che, appunto, da decenni non si incontrano e non si vedono. Sono qualcosa come 200
mila famiglie che si trovano in questa situazione! R. – Quel
conflitto ormai passato da oltre mezzo secolo, che cosa ha lasciato oggi ancora nella
realtà coreana? R. – Credo che sia ancora uno dei confini della
Guerra Fredda e quindi sarebbe giusto eliminarlo il più presto possibile. Il problema
grande è che le due Coree si sono sviluppate in un modo molto diverso, per cui c’è
un Sud molto sviluppato economicamente, molto aperto, democratico; il Nord, invece,
è una dittatura e anche con una grandissima povertà. E allora, bisogna cercare il
modo di integrare e le due economie, e anche in qualche modo questi due poteri. Ma
naturalmente, è molto difficile perché la Corea del Nord è un Paese ancora "misterioso". D.
– Questo è quello che divide i due Paesi. Che cosa invece li unisce? R.
– Li unisce un fortissimo nazionalismo. Devo dire che i coreani del Sud desiderano
molto la riunificazione con il Nord. Hanno una cultura comune, una storia comune,
una lingua comune. Quindi ha lo stesso stridore, questa divisione, come la divisione
tra Germania Est e Germania Ovest ai tempi della Cortina di ferro! D.
– Come la comunità internazionale vede un’eventuale riunificazione della penisola
coreana? R. – Generalmente, direi che sarebbero tutti favorevoli.
Il problema è che ognuno vuole avere delle garanzie: la Cina, avere vicino a sé un
Paese che non sia suo nemico; gli Stati Uniti vorrebbero avere un Paese che fosse
amico più degli Stati Uniti che degli altri; la Russia anche vorrebbe avere un contatto
economico e il Giappone vorrebbe avere un Paese da cui non aspettarsi problemi di
atomiche o di missili nucleari … Comunque, tra i sudcoreani ci sono anche personalità
come il defunto cardinale Kim, ad esempio, che diceva: sì, vogliamo essere uniti ai
nostri fratelli del Nord ma bisogna che – appunto – ci impegniamo per rendere la Corea
del Nord un Paese democratico e soprattutto un luogo dove si rispetti la libertà religiosa. D.
– E la Chiesa locale si adopera per questo? R. – La Chiesa locale
sudcoreana è uno degli attori più impegnati nella riunificazione. In tutti questi
anni, pur con gli alti e bassi dei dialoghi politici e diplomatici, la Chiesa cattolica
e anche le Chiese protestanti del Sud hanno continuato ad inviare materiale di costruzione,
aiuti per rendere più facile la situazione estremamente drammatica della povertà del
Nord. Quindi, sono tra le persone senz’altro più importanti per riunificare il Paese!