2009-08-28 15:11:26

Celebrare la Perdonanza significa portare un fuoco di speranza: così, il vescovo di Sulmona, mons. Angelo Spina


Si celebra, dunque, oggi all’Aquila il 715.mo rito della Perdonanza, l’indulgenza plenaria perpetua che Papa Celestino V concesse a tutti i fedeli il 5 luglio del 1294, giorno della sua incoronazione come Pontefice. Con la Perdonanza, si apre anche l’Anno Celestiniano, in occasione degli 800 anni dalla nascita del Santo. Un Anno giubilare che decorre a partire da oggi fino al 28 agosto 2010. Le reliquie di San Pietro Celestino saranno portate nelle 11 diocesi di Abruzzo e Molise, a cominciare da quella di Sulmona-Valva. Sul significato di questo evento, Fabio Colagrande ha intervistato il vescovo della diocesi di Sulmona, mons. Angelo Spina:RealAudioMP3

R. – Un grande significato ecclesiale, anche liturgico e celebrativo. Le sacre spoglie di San Celestino giungeranno nelle 11 diocesi che fanno parte della conferenza episcopale abruzzese e molisana. Giungeranno a Sulmona e per Sulmona sarà un evento straordinario perché San Celestino ha amato tanto questa città. E’ passato qui quando è stato incoronato Papa. Qui era priore della grande abbazia Santo Spirito da lui fondata e poi è vissuto per tanti anni nell’eremo. L’arrivo delle sacre spoglie ci sarà il primo settembre. Giungeranno alle ore 17.30 davanti alla cattedrale. Poi ci sarà la solenne celebrazione liturgica e dopo verrà benedetta la cappella nella cripta della cattedrale. In questa cappella si trovano le reliquie di Papa Celestino: una parte del cuore, il saio, i sandali, il cilicio, i guanti, nonché le scarpe da Pontefice.

 
D. – La Penitenzieria apostolica ha concesso a nome del Papa un’indulgenza plenaria speciale a tutte le diocesi, in occasione di questo Giubileo. Che significato ha questa scelta?

 
R. – Il fatto di avere l’indulgenza significa capire che Dio è sempre misericordioso e ci vuole come figli, figli con lui per essere insieme nella gioia.

 
D. – La figura di Papa Celestino è stata anche discussa per la sua rinuncia, a partire dalla famosa definizione dantesca di “colui che fece per viltade il gran rifiuto”...

 
R. – Adesso gli studi dicono che forse il personaggio cui Dante si riferisce non sia Papa Celestino, perché Dante conosceva bene la lingua italiana. C’è una bella differenza tra “rifiuto” e “rinunzia”. San Celestino non ha rifiutato, ha rinunciato. Non è stata una rinuncia di debolezza: la sua è la rinuncia degli uomini Santi che, di fronte al potere, non si piegano, ma affermano la forza della verità. San Celestino ha affermato la forza della verità: “Io non sono uno che fa gli interessi di qualcuno, io ho solo da fare gli interessi di Dio”. Qui è la grandezza di un uomo umile e Santo che vede nel potere uno strumento per arrivare alla verità nella carità e non uno strumento per comandare o per stare da una parte.

 
D. – Che significato assume questa 715.ma Perdonanza in una città distrutta dal sisma, che ancora piange i suoi morti e guarda con timore al futuro?

 
D. – Questa celebrazione è partita proprio con il fuoco di Celestino. Abbiamo acceso la fiaccola all’eremo di Sant’Onofrio, a Sulmona. Celebrare questa Perdonanza significa portare un fuoco di speranza. Il fuoco quando si accende dà luce nella notte e il fuoco indica Cristo Risorto: dalle macerie si può risorgere. Ma è anche un fuoco della purificazione. Questo ci fa capire che dobbiamo purificare i cuori, ricostruire le case, ma soprattutto ricostruire i cuori e le relazioni interpersonali altrimenti ci sarà una città bella esteriormente, ma non solidarietà e amicizia nei cuori. Questa Perdonanza ha quindi un significato di luce e di purificazione. L’augurio è proprio, parafrasando il nome di Celestino, che sappiamo camminare su questa terra e camminare bene guardando il cielo, perché il cielo rimane e la terra passa.







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