Celebrare la Perdonanza significa portare un fuoco di speranza: così, il vescovo di
Sulmona, mons. Angelo Spina
Si celebra, dunque, oggi all’Aquila il 715.mo rito della Perdonanza, l’indulgenza
plenaria perpetua che Papa Celestino V concesse a tutti i fedeli il 5 luglio del 1294,
giorno della sua incoronazione come Pontefice. Con la Perdonanza, si apre anche l’Anno
Celestiniano, in occasione degli 800 anni dalla nascita del Santo. Un Anno giubilare
che decorre a partire da oggi fino al 28 agosto 2010. Le reliquie di San Pietro Celestino
saranno portate nelle 11 diocesi di Abruzzo e Molise, a cominciare da quella di Sulmona-Valva.
Sul significato di questo evento, Fabio Colagrande ha intervistato il vescovo
della diocesi di Sulmona, mons. Angelo Spina:
R. – Un grande
significato ecclesiale, anche liturgico e celebrativo. Le sacre spoglie di San Celestino
giungeranno nelle 11 diocesi che fanno parte della conferenza episcopale abruzzese
e molisana. Giungeranno a Sulmona e per Sulmona sarà un evento straordinario perché
San Celestino ha amato tanto questa città. E’ passato qui quando è stato incoronato
Papa. Qui era priore della grande abbazia Santo Spirito da lui fondata e poi è vissuto
per tanti anni nell’eremo. L’arrivo delle sacre spoglie ci sarà il primo settembre.
Giungeranno alle ore 17.30 davanti alla cattedrale. Poi ci sarà la solenne celebrazione
liturgica e dopo verrà benedetta la cappella nella cripta della cattedrale. In questa
cappella si trovano le reliquie di Papa Celestino: una parte del cuore, il saio, i
sandali, il cilicio, i guanti, nonché le scarpe da Pontefice.
D.
– La Penitenzieria apostolica ha concesso a nome del Papa un’indulgenza plenaria speciale
a tutte le diocesi, in occasione di questo Giubileo. Che significato ha questa scelta?
R.
– Il fatto di avere l’indulgenza significa capire che Dio è sempre misericordioso
e ci vuole come figli, figli con lui per essere insieme nella gioia.
D.
– La figura di Papa Celestino è stata anche discussa per la sua rinuncia, a partire
dalla famosa definizione dantesca di “colui che fece per viltade il gran rifiuto”...
R.
– Adesso gli studi dicono che forse il personaggio cui Dante si riferisce non sia
Papa Celestino, perché Dante conosceva bene la lingua italiana. C’è una bella differenza
tra “rifiuto” e “rinunzia”. San Celestino non ha rifiutato, ha rinunciato. Non è stata
una rinuncia di debolezza: la sua è la rinuncia degli uomini Santi che, di fronte
al potere, non si piegano, ma affermano la forza della verità. San Celestino ha affermato
la forza della verità: “Io non sono uno che fa gli interessi di qualcuno, io ho solo
da fare gli interessi di Dio”. Qui è la grandezza di un uomo umile e Santo che vede
nel potere uno strumento per arrivare alla verità nella carità e non uno strumento
per comandare o per stare da una parte.
D. – Che
significato assume questa 715.ma Perdonanza in una città distrutta dal sisma, che
ancora piange i suoi morti e guarda con timore al futuro?
D.
– Questa celebrazione è partita proprio con il fuoco di Celestino. Abbiamo acceso
la fiaccola all’eremo di Sant’Onofrio, a Sulmona. Celebrare questa Perdonanza significa
portare un fuoco di speranza. Il fuoco quando si accende dà luce nella notte e il
fuoco indica Cristo Risorto: dalle macerie si può risorgere. Ma è anche un fuoco della
purificazione. Questo ci fa capire che dobbiamo purificare i cuori, ricostruire le
case, ma soprattutto ricostruire i cuori e le relazioni interpersonali altrimenti
ci sarà una città bella esteriormente, ma non solidarietà e amicizia nei cuori. Questa
Perdonanza ha quindi un significato di luce e di purificazione. L’augurio è proprio,
parafrasando il nome di Celestino, che sappiamo camminare su questa terra e camminare
bene guardando il cielo, perché il cielo rimane e la terra passa.