Mons. Nosiglia sugli immigrati: inaccettabile assistere alle tragedie in mare, accoglierli
è testimonianza di umanità e un dovere collettivo
Non si ferma l'ondata di sbarchi di immigrati. Due gommoni con ottanta persone, una
delle quali giunta senza vita, sono approdati oggi a Malta, mentre ieri sera un peschereccio
con 55 persone a bordo era giunto nel porto di Siracusa. In Italia, intanto, il confronto
sulla gestione del fenomeno migratorio è sempre in primo piano a livello politico
e sociale. Al microfono di Francesca Sabatinelli, il vescovo di Vicenza, mons.
Cesare Nosiglia, è intervenuto nel dibattito, spiegando il rapporto tra cittadini
e immigrati nel territorio del nordest della Penisola: R.
- Quello che a volte i giornali e la televisione presentano del Nordest italiano non
corrisponde alla realtà concreta. C’è un buon rapporto tra le comunità etniche degli
immigrati e quella cattolica. Quello che però noto è che le varie comunità etniche,
compresa anche quella cattolica, restano sempre un po’ chiuse in se stesse. Quindi,
c’è un rispetto, c’è attenzione, disponibilità al dialogo, però ognuno cerca di fare
la propria vita. E questo può creare dei ghetti che, a un certo punto, possono esplodere
in situazioni difficili. D. - Eccellenza, se lei dovesse entrare
nel cuore delle preoccupazioni della comunità del Nordest, cosa metterebbe in luce? R.
- Il primo punto è la sicurezza: certamente, c’è una crescente paura proprio riguardo
a questo tema. Non è che possiamo vedere la sicurezza solo in rapporto con gli immigrati,
assolutamente. Invece, di fatto, nella gente c’è un po’ questa idea: che la presenza
massiccia di immigrati abbia fatto diminuire il senso di sicurezza, e su questo giocano
anche le diverse forze politiche. Poi c'è la questione dell’integrazione graduale,
non forzata nei tempi: abbiamo anche una parte di cattolici che cerca di forzare in
tutti i modi, per ragioni che non tengono. E allora la gente si sente un po’ in difficoltà.
Occorre una politica dei piccoli passi, un conoscersi, un incontrarsi: bisogna imparare
a convivere con il diverso della porta accanto. D. - Una strada
a piccoli passi, ha appena detto lei: ma quali sono gli aspetti che più la preoccupano? R.
- Bisogna mettere al centro il valore della persona umana. Ogni uomo è figlio di Dio,
per noi, è nostro fratello, è un dono. Certo, se delinque va condannato: ma in quanto
uomo, mica solo perché è straniero. Le leggi che regolano i flussi migratori e molti
altri aspetti della presenza di questi nostri fratelli sono necessari, però devono
essere regole che esprimono una cultura, un’ethos popolare radicato della nostra gente,
che è sempre stato quello dell’accoglienza, della solidarietà, del valore della persona
umana. Del resto, la Chiesa insiste moltissimo su questo. E io credo che la nostra
gente, se è portata a riflettere - a partire dai principi cristiani, ma anche sanamente
laici - direi che sa accettare questa situazione, di affrontare questo problema. D.
- Mons. Nosiglia, come sta reagendo la sua comunità alle notizie che arrivano dal
sud Italia: gli sbarchi, la morte di queste persone che tentano di arrivare sulle
coste italiane… R. - Sono fatti di una gravità assoluta, che
inquietano non solo la coscienza ma la vita di ogni cristiano, di ogni uomo. Non si
può restare assolutamente inermi e non si può non dire niente. Insomma, ci si sente
feriti. Io sono pienamente d’accordo sulle prese di posizione di esponenti della Chiesa,
sotto questo profilo. Qui, però, non si tratta di dire: “La Chiesa, appena interviene,
è pro o e contro”, perché subito si va a finire nella politica e qualsiasi intervento
della Chiesa viene subito considerato pro o contro qualche forza del governo, oppure
pro o contro una certa politica dell’immigrazione. No: la Chiesa, secondo me, non
è né “pro” né “contro” ma è “per”: per richiamare tutti ad una considerazione fondamentale,
e cioè che queste tragedie non devono essere accettate. Bisogna trovare le vie, le
strade adeguate per superare questa situazione. E’ compito della politica, ma tutti
insieme. Si parla di Europa, di rapporto con i popoli vicini, si parla di leggi… Però,
al centro, ci dev’essere sempre l’attenzione a queste persone. Vedere persone che
muoiono, è una tragedia che non può - ripeto - lasciare assolutamente la coscienza
tranquilla. La Chiesa non può e non deve tacere, però non può essere neanche strumentalizzata
da nessuno, quasi che i suoi interventi siano visti subito verso una parte o contro
l’altra, e così via. Tutti dobbiamo sentirci coinvolti e responsabili, a cominciare
anche da noi Chiesa, dalle forze di governo, dalle forze di opposizione: ne va di
mezzo la civiltà europea, la civiltà - io, direi, addirittura - della nostra Patria
che è stata poi resa dal cristianesimo un grande faro di civiltà per tutto il mondo.
Non sono parole vuote: sono parole importanti, fondamentali. Non possiamo più accettare
queste tragedie in un mare, quello Mediterraneo, che è per noi sempre stato e dev’essere,
un mare di pace.