Thailandia: cattolici e buddisti uniti sui temi in difesa della vita
Cattolici e buddisti in Thailandia ribadiscono assieme il valore della vita e la difesa
della dignità umana. È quanto accaduto in occasione di un convegno promosso dal Comitato
nazionale sulla sanità, nel quale, fra l'altro, si è discusso dell'autodeterminazione
e della possibilità di rifiutare le cure da parte dei malati terminali. Nel Paese
asiatico - riferisce l'Osservatore Romano - l'opinione pubblica è coinvolta attulmente
nel dibattito su un progetto di revisione costituzionale della legge sul fine vita.
In particolare, durante i lavori del convegno sono stati avanzati pareri in merito
al National Health Act del 1997 che, in un paragrafo, sancisce il diritto del malato
a fissare i limiti di cura in caso di coma o di stato vegetativo. Tuttavia, è stato
osservato, il diritto a fissare un limite alle terapie non deve ledere il valore supremo
della dignità umana. Un monaco buddista, Phra Phaisan Visalo, ha precisato che «le
persone devono morire di morte naturale», senza interventi esterni o strumenti che
«costituiscono «un'eutanasia passiva» perché, ha sottolineato, «al di sopra di tutto
vi è il rispetto per la vita». Un cattolico, John Baptist Siranon Sanpetch, direttore
di un ospedale nella diocesi di Ratchaburi, ha chiarito che un eventuale testamento
biologico deve «rendere più agevole il consenso tra medico e paziente sul tipo di
cura da somministrare». Per il direttore dell'ospedale «il medico deve continuare
a lenire i sintomi della malattia, ma a questi elementi vanno uniti la cura spirituale
e il sostegno dei parenti». Il segretario generale del Comitato nazionale sulla sanità
ha peraltro affermato che nel progetto di riforma vanno presi in esame diversi elementi,
fra i quali «la legge, la società, la cultura e la religione, per non scatenare conflitti
e garantire ai malati la scelta». Nel passato cattolici e buddisti avevano espresso
insieme contrarietà anche all'aborto. (L.Z.)