Brasile: il presidente dei vescovi dice no al ritiro dei simboli religiosi dagli Uffici
pubblici
“Chiedere il ritiro dagli Uffici pubblici dei simboli religiosi è una violenza”, lo
ha affermato mons. Geraldo Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana e presidente della
Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb). Il Ministero pubblico federale
di Sao Paulo ha infatti chiesto il mese scorso alle autorità giudiziarie un verdetto
per procedere al ritiro da tutti gli Uffici pubblici dei simboli religiosi. “Pretendere,
appellandosi alla laicità dello Stato e al pluralismo della società - ha rilevato
mons. Lyrio Rocha - di far cancellare tutti gli elementi che fanno già parte della
cultura brasiliana è un atto di violenza”. Ricordando, inoltre che “la maggior parte
della popolazione brasiliana è cattolica e la storia del Paese è segnata fortemente
dalla presenza religiosa”, il presidente dei vescovi brasiliani ha sottolineato che
la presenza dei simboli cattolici e religiosi più in generale fa parte della “tolleranza
religiosa”. La questione ha provocato su alcuni organi di stampa un dibattito che,
in qualche modo, si è intrecciato con la prossima approvazione definitiva dell’Accordo
tra lo Stato brasiliano e la Santa Sede, che già è stato sancito nel primo passaggio
congressuale. A chi immagina presunti o probabili benefici per la Chiesa cattolica,
mons. Geraldo Lyrio Rocha ha risposto che ciò non corrisponde al vero e “che la Chiesa
chiede per sé lo stesso che chiede per altre confessioni religiose”. Il presule inoltre
ricorda che essere laici non significa essere anti-religiosi, o che lo Stato deva
essere ateo, anche perché, sottolinea, “un’educazione veramente integrale deve necessariamente
includere accanto ad altre dimensione della vita umana quella religiosa”. Infine,
l’arcivescovo di Mariana ha voluto anche richiamare l’attenzione su alcune ambiguità
concettuali affermando: “Che lo Stato sia laico non significa necessariamente che
la società è laica”. (A cura di Luis Badilla)