Nuovi attacchi talebani al contingente Isaf in Afghanistan
Difficile fase post elettorale in Afghanistan. Tra ieri e oggi si segnalano diversi
attacchi dei talebani ai militari del contingente internazionale Isaf. Due militari
estoni hanno perso la vita. Ucciso anche un giornalista afghano, noto per le sue posizioni
antitalebane, mentre era diretto in Pakistan. Intanto, cresce la polemica politica
dopo le presidenziali di giovedì scorso. Ufficiosamente si parla della riconferma
del presidente uscente, Karzai, ma l’altro candidato, Abdullah, ha lanciato precise
accuse di brogli. Per i risultati ufficiali definitivi si dovrà comunque attendere
la metà di settembre. C’è il rischio che questa situazione possa aggravarsi ulteriormente?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luca Lo Presti, presidente di Pangea
Onlus, organizzazione non governativa, che porta avanti in Afghanistan numerosi progetti
di solidarietà per le donne:
R. - Assolutamente
sì. Il nostro monitoraggio nel Paese è costante, anche perché, come fondazione Pangea,
abbiamo un progetto aperto da oltre cinque anni con un "target" molto delicato, che
sono le donne, per cui il nostro punto di osservazione è sempre quello della difesa
dei diritti umani e la preoccupazione che tutto possa degenerare è forte in tutti
noi. Le voci che ci arrivano da lì sono di una calma apparente che può presagire anche
qualche azione violenta. Ci auguriamo di no. Rispetto all’Iran, ci sembra che la diplomazia
internazionale si sia mossa per tempo e che i due candidati, comunque, abbiano intelligenza
politica e siano disposti magari anche a trovare un accordo tra loro. D.
- In questa situazione l’azione umanitaria di solidarietà è fortemente frenata o no?
Qual è l’esperienza di Pangea Onlus? R. – L’esperienza di Pangea
è su diversi fronti, perché siamo partiti ancor prima che il conflitto del 2001 si
accendesse, quindi con grosse restrizioni, e siamo arrivati ad oggi dove comunque
abbiamo delle restrizioni effettuate dal governo Karzai proprio nei giorni precedenti
alle elezioni. Per cui, abbiamo grosse preoccupazioni per l’impossibilità di movimento,
ma abbiamo strutturato il progetto proprio perché possa continuare anche nelle difficoltà.
Il nostro, lo ricordo, è un progetto di microcredito per le donne e soprattutto di
educazione ai diritti umani. D. - Continuano anche gli attacchi
dei talebani. Secondo lei andrebbe rivisto il ruolo del contingente internazionale
che opera in Afghanistan? R. – La mia posizione è sempre stata quella
di dire che con la guerra non si può portare la pace però, in questo momento, devo
ammettere che l’utilizzo dei contingenti internazionali non può essere ridotto, perché
se i militari dovessero lasciare il Paese, veramente ricadremmo nel buio più totale
di una guerra civile forse peggiore di quella precedente del periodo mujaheddin-talebani.