2009-08-23 15:46:08

Terminate in Ungheria le celebrazioni per il millennio di fondazione della diocesi di Pécs


“Non abbiate paura: né della società secolarizzata, né della vostra stessa debolezza. Essa infatti è il presupposto perché voi andiate in umiltà e nell’amore di Cristo a cercare coloro che non conoscono più o non ancora il Vangelo”. E' un passo dell'omelia pronunciata stamani in Ungheria dal cardinale Christroph Schönborn, arcivescovo di Vienna, durante la Santa Messa per il millennio di fondazione della diocesi di Pécs. Il porporato, inviato speciale del Santo Padre, sottolinea al microfono di Marta Vértse, incaricata del programma ungherese della nostra emittente, l'importanza di questo anno del millennio per la diocesi di Pécs:RealAudioMP3

R. – E’ un millennio, quello della diocesi di Pécs, che segna un momento di particolare importanza per la storia di tale diocesi ed anche per la storia dell’Ungheria. Pécs venne fondata dal Santo Re Stefano ed ha un significato molto speciale non solo per il Paese ma per la cristianizzazione di tutta l’Europa.

 
D. – Il motto del Giubileo è tratto dalla Lettera ai Romani: “Se è santa la radice, lo saranno anche i rami”. Possiamo attualizzare le parole di San Paolo nelle nostre società fortemente secolarizzate?

 
R. – Certo, ma parlando delle radici non dobbiamo dimenticare che la sorgente della fede è presente attraverso il Battesimo, i Santi che hanno vissuto in questa terra e la vita di fede, di preghiera, di sacrificio, di dono di se stessi da parte di tanti fedeli. Quegli stessi fedeli che spesso si trovano nascosti nell’umiltà della vita quotidiana, nonostante mantengano presenti le radici, la sorgente della quale vive la fede cristiana oggi. Non c’è dunque solo il compito di annunciare il Vangelo, ma anche di riscoprire la presenza della sorgente viva del Vangelo tra di noi.

 
D. – Lei, come arcivescovo di Vienna, è particolarmente vicino alla Chiesa locale dell’Ungheria. L’Ungheria festeggia quest’anno il ventesimo anniversario del crollo della cortina di ferro fra l’Ungheria e l’Austria. Quali sono stati, secondo lei, i cambiamenti avvenuti durante questi due decenni?

 
R. – Innanzitutto, il dono prezioso della libertà, anche con le sfide che essa comporta. Ci sono però anche le nuove sofferenze e le nuove sfide del post-comunismo, di un periodo abbastanza difficile – quello appunto del dopo comunismo – nel quale la Chiesa può avere un ruolo di aiuto per una società che vive un disorientamento alquanto drammatico.

 
D. – Pécs si trova nella parte meridionale dell’Ungheria, nel Transdanubio, vicino alla frontiera con la Croazia e la Serbia. La città ha una rilevante minoranza etnica tedesca e non è un caso che sarà capitale europea nel 2010. Sarà questa un’ulteriore occasione per ribadire il legame inseparabile tra cultura e cristianesimo?

 
R. – Sì, è una bella occasione comunque non priva di difficoltà, perché non è evidente la vicinanza della cultura e della fede e a volte il lavoro si basa tutto sull’avvicinare ciò che oggi può sembrare molto lontano l’uno dall’altro. Si devono quindi trovare anche qui le radici cristiane della cultura e questo non è un compito facile, bensì una sfida da affrontare. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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