In India veglie e preghiere ad una anno dalle violenze anticristiane in Orissa. Il
cardinale Toppo: si deve pregare insieme per l'unità e la pace
Oggi ricorre in India il primo anniversario delle violenze contro i cristiani dell'Orissa
costate la vita ad almeno 123 persone. Per ricordare e pregare si celebra il “Giorno
della pace e dell’armonia”, promosso dalla Conferenza episcopale indiana. Sugli obiettivi
della Giornata si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, l'arcivescovo
di Ranchi, il cardinaleTelesforo Placidus Toppo:
R. – Radunare
insieme tutti i popoli credenti di diverse religioni, trovare una via per la pace.
Penso perciò che adesso si debba iniziare un dialogo, pregare insieme per l’unità
e la pace.
D. – La preghiera odierna è un coro di
speranza al quale si uniscono anche altre voci oltre a quella cristiana. Si deve poi
sottolineare che l’anima dell’India è profondamente pacifica. Possiamo dire che il
dramma delle violenze contro i cristiani è stato un male passeggero?
R.
– Non può passare finché non troviamo un modo per vivere insieme in pace. Non è passato
perché tante persone soffrono ancora, vivono nel campo dei rifugiati. Non abbiamo
trovato ancora il modo per ripristinare la pace. E’ la prima volta che i cristiani
soffrono così tanto. Per l’India questa è una disgrazia.
D.
– Quale appello lancia oggi la Chiesa indiana agli estremisti?
R.
–La violenza non è una soluzione. La tradizione indiana non parla di violenza. Perciò,
come tutti gli indiani, dobbiamo vivere insieme, cercare un dialogo pacifico come
fratelli, riconoscendo l’altro come un indiano, un fratello. Solo così possiamo vivere.
Questo è un appello che Gandhi aveva già fatto in passato.