Il cardinale Re ricorda De Gasperi a 50 anni dalla morte
Per il cinquantesimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi si è tenuta nella
cattedrale di Pesaro una concelebrazione commemorativa presieduta dal cardinale Giovanni
Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi, che ha fatto una dettagliata
esposizione della figura dello statista italiano. “Nell'agosto di 55 anni fa Alcide
De Gasperi chiudeva la sua vita invocando il nome di Gesù – ha detto il cardinale,
che ha tracciato ai presenti un puntuale profilo del politico democristiano - Morí
fra i suoi monti, a Selva di Valsugana, pregando. Noi lo vogliamo ricordare con la
gratitudine che si deve a un uomo che tanto ha fatto per l'Italia e per l'Europa ...
Nel momento più difficile dell'Italia moderna, cioè in quegli anni cruciali dopo la
caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, l'opera di De Gasperi
ha segnato il cammino e ha determinato il futuro dell'Italia. È fuori dubbio infatti
che gran parte della vita italiana di questi ultimi sessanta anni è stata determinata
dalle decisive scelte compiute nel decennio che porta impresso il segno degasperiano
e che hanno assicurato al Paese un futuro di libertà, di democrazia e di progresso”.
Il prefetto della Congregazione per i Vescovi ha ripercorso le tappe politiche di
Alcide De Gasperi e le vicende che lo provarono nel portare avanti i valori nella
politica, ricordandolo come “Giovane deputato al Parlamento e segretario del Partito
popolare, quando nel 1925 capisce che la “normalizzazione” del fascismo era diventata
un'illusione, esprime dure critiche al fascismo. Per questo motivo viene dichiarato
decaduto dal mandato parlamentare e, dopo un anno dal suo ritiro da ogni attività
pubblica, De Gasperi viene arrestato mentre è sul treno verso Firenze, con l'accusa
di tentativo di espatrio clandestino. E’ condannato a 4 anni di carcere. Di fatto
però passerà nel carcere di Regina Coeli solo cinque mesi e poi quasi un anno nella
clinica Cianciarelli di Roma, sotto stretta sorveglianza. Messo in libertà ma con
l'obbligo di risiedere a Roma, sempre sotto stretta vigilanza, non trovava lavoro.
Si guadagna qualche soldo traducendo dal tedesco in italiano per conto di una casa
editrice. Con l'aprile del 1929, la Santa Sede — per dare a De Gasperi la possibilità
di guadagnarsi il pane — lo assunse come collaboratore fuori ruolo alla Biblioteca
Vaticana. Il Pro-Prefetto della Biblioteca Vaticana, cioè il suo superiore, scriverà
in una lettera al Conte Della Torre (Direttore de “L'Osservatore Romano”) che De Gasperi
“ha svolto nella Biblioteca un lavoro troppo umile per le sue capacità, ma tanto utile
per noi: catalogo degli stampati, una descrizione breve di ogni volume, ecc...”. Un
lavoro umile per un uomo della cultura e della statura di De Gasperi, da lui accettato
con semplicità e svolto con impegno. Solo dopo 10 anni, cioè nel 1939, De Gasperi
vedrà riconosciuto il suo valore e i suoi meriti: sarà nominato dal Papa segretario
della Biblioteca Vaticana e vedrà riconosciuti agli effetti economici e pensionistici
i precedenti 10 anni trascorsi fuori ruolo”. Secondo il porporato – scrive l’Osservatore
Romano - le pagine più alte da lui scritte sono quelle della lettera inviata alla
moglie il giorno dopo la condanna a sei anni di prigione (che furono poi ridotti in
appello a quattro). “Quando la mattina gli misero le manette ai polsi per portarlo
in tribunale, Alcide De Gasperi era convinto che sarebbe stato assolto, perché dal
punto di vista procedurale non vi erano prove che egli stesse tentando di espatriare.
Quando, però, dopo la sentenza, venne riportato nella cella di Regina Coeli, dopo
avere pianto, nelle sue riflessioni De Gasperi si elevò a Dio che guida la grande
storia del mondo e la piccola storia di ogni vita. In questa visione si inchina alla
volontà di Dio adorando. E termina la lettera scrivendo: “Iddio non può essere né
ingiusto né crudele. Egli ci ama e fa di noi qualche cosa che oggi non comprendiamo.
Così ragionando mi sono alquanto consolato” (dalla Lettera del 31 maggio 1927). Per
scrivere questo, in quella situazione, - ha commentato il cardinale Giovanni Battista
Re - ci voleva una fede vera!”. “La testimonianza di Alcide De Gasperi come uomo,
come cristiano e come statista — sono state le conclusioni del Prefetto - rimane
una grande luce ed è di incoraggiamento a trovare nell'esempio da lui lasciato le
energie per dare un colpo d'ala allo stile dell'impegno nel servizio dello Stato e
della società, nel servizio del bene comune. L'augurio è che il suo esempio e la sua
eredità continuino a illuminare il cammino dell'Italia e dell'umanità”. (A.V.)