Le cellule staminali adulte contro l'infarto: successo della ricerca italiana
Le cellule staminali adulte rigenereranno il cuore. E’ il risultato straordinario
di uno studio condotto dall’Istituto di neurobiologia e medicina molecolare del Consiglio
nazionale delle ricerche di Roma (Inmm–Cnr), insieme all’Istituto superiore prevenzione
e sicurezza sul lavoro (Ispesl) e all’Università di Roma “La Sapienza”. La ricerca,
che si basa sul principio del trapianto autologo, cioè dallo stesso paziente, apre
nuove prospettive nella cura dell’infarto del miocardio (sindrome fortemente invalidante
che colpisce la parte muscolare del cuore, determinandone la morte cellulare) e che
oggi si può affrontare solo con trattamento farmacologico e quello chirurgico. Massimiliano
Menichetti ha intervistato il dott. Settimio Grimaldi dell’Inmm-Cnr.
R. – Si aprono
le frontiere della medicina rigenerativa, che dovrebbe essere a nostro parere la medicina
del futuro. Chi riesce a superare un infarto del miocardio, a seconda dell’entità
dell’infarto stesso, non ha più una vita normale, quindi c’è un costo per la sanità
pubblica e c’è anche un costo familiare, perché si peggiora la qualità della vita.
Noi abbiamo aperto la possibilità di poter riparare, per lo meno in parte, l’infarto
del miocardio, per rendere la vita dell’infartuato il più possibile simile a quella
che aveva prima dell’infarto: può recuperare una piena attività lavorativa e anche
sportiva.
D. – La vostra ricerca si basa sull’utilizzo
di staminali adulte. Cosa avete fatto, in concreto?
R.
– Prendiamo queste cellule staminali cardiache, le portiamo all’esterno per alcuni
giorni, le riseminiamo – finora questo non l’abbiamo fatto, ma è stato fatto ovviamente
in vitro - e iniettiamo a livello del danno dell’infarto, dove si andranno ad accumulare
e inizieranno a quel punto a replicarsi spontaneamente. Ed è questo il momento in
cui c’è la possibilità che riparino l’infarto del miocardio.
D.
– Quando potrebbe diventare una terapia?
R. – Noi
adesso abbiamo sottoposto al Ministero della Sanità un programma di ricerca. Se verrà
finanziato, nell’arco di tre anni, potremo terminare la fase sugli animali e quindi
si potrà passare alla fase uno sull’uomo. Speriamo che la nostra ricerca non resti
sui libri di testo, ma che arrivi al letto del paziente.
D.
– Un’altra volta si dimostra che le staminali adulte, di fatto, danno dei risultati
concreti per quanto riguarda la sperimentazione...
R.
– Assolutamente, anche perché la staminale adulta è già indirizzata a differenziare
in quel tessuto che noi vogliamo riparare. Ed è sicuramente più redditizio, meno dispendioso
e meno pericoloso - oltre appunto al risvolto etico - lavorare su cellule staminali
adulte, rispetto che alle cellule staminali embrionali. Da questo punto di vista noi
abbiamo delle cellule che sono perfettamente autologhe, cioè prese dallo
stesso paziente che ha avuto il problema. Perché dobbiamo, quindi, complicarci la
vita, andando a prendere cellule embrionali, con tutto il risvolto etico che ne consegue?
Non c’è neanche nessun tipo di problema di rigetto. Sono cellule estremamente riconoscibili
dal paziente, nel quale poi verranno seminate nuovamente. D. – Questa è,
di fatto, una ricerca che porta un marchio prevalentemente italiano?
R.
– Totalmente italiano, perché è il frutto di due brevetti: uno dell’Università La
Sapienza di Roma – quello di essere in grado di mettere in cultura queste cellule
– e il nostro brevetto, che è un brevetto Cnr-Ispesl - quindi un altro ente di ricerca
italiano - che è il sistema di poter differenziare queste cellule.