L'ora di religione non discrimina nessuno. Con noi, il prof. Michele Manzo: la
sentenza del Tar è ideologica ed irrealistica
L'insegnamento della religione nelle scuole italiane va difeso per “'importanza che
svolge nel promuovere la vera integrazione con chi arriva da culture e religioni diverse”.
Ad affermarlo è il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini che, in un'intervista
al quotidiano cattolico “Avvenire”, auspica che il Consiglio di Stato, al quale -
ha annunciato - presenterà ricorso, annulli la sentenza del Tar del Lazio che esclude
gli insegnanti di religione dagli scrutini. Una decisione ideologica quella del Tar,
che non tiene conto della realtà della scuola italiana: è quanto sottolinea il prof.
Michele Manzo, docente di religione, e membro del Consiglio nazionale della Pubblica
Istruzione, intervistato da Alessandro Gisotti: R.
– Il primo sentimento è di sentirsi un po’ traditi da un certo tipo di magistratura,
perché non bisogna dimenticare che il Tar del Lazio si è espresso altre volte, con
altre sezioni dello stesso Tar, in senso a noi favorevole. Invece, i giudici di questa
sezione – sempre gli stessi – fanno dell’insegnamento della religione una caricatura,
lo dipingono come un qualcosa di aperto soltanto ad una forma di fede – affermano
loro – di pratica di culto ... cosa inesistente nella scuola! E poi ne fanno derivare
che da un atto di pratica di culto c’è una discriminazione per i non credenti, per
i credenti in altre fedi religiose eccetera … D. – Può darci
un’idea proprio nel merito della questione? Dove sarebbe questa discriminazione? R.
– Il credito scolastico è un’impalcatura che in tutto fornisce 25 punti di credito
all’alunno; 25, però, all’alunno che ha 10 di media: in realtà, quindi, i punti sono
sempre un po’ di meno. Il voto sull’insegnamento della religione, così come altri
quattro elementi – in tutto, quindi, sono cinque, tra cui la frequenza scolastica
e il dialogo educativo - si introducono soltanto nel termine di un punto di questi
25! Cioè, in realtà il voto dell’insegnamento della religione cattolica può contare
su un quinto di un punto su 25 punti. Si nota bene che non è, di fatto, un elemento
che va a incidere sostanzialmente sul credito finale dell’alunno: la questione è soltanto
ideologica! D. – Peraltro, chi non si avvale dell’ora di religione
ha la possibilità di svolgere altre attività, e anche queste alla fine hanno un credito,
hanno una valutazione … R. – Esatto! D’altronde, queste ordinanze
del Ministro che vengono in questo momento annullate dal Tar del Lazio lo saranno
prevedibilmente per poco tempo, perché il Consiglio di Stato – come ha già fatto altre
volte – le annullerà. E ciò perché questa discriminazione è soltanto presunta: le
ordinanze infatti forniscono la stessa tipologia di credito scolastico – cioè sempre
quell’un quinto di un punto su 25 – e lo forniscono anche agli alunni che svolgono
le attività alternative o lo studio individuale. Certo, non lo possono fornire agli
alunni che hanno rifiutato di svolgere qualsiasi attività: questo, sì! Ma è evidente
che c’è una scelta premeditata in quanto alla non attività: non potrebbe essere premiata
la non attività, l’uscita dalla scuola un’ora prima! Viene, invece, premiata qualsiasi
attività che si svolga nella scuola.