Mons. Sigalini: vincere il jackpot è una disgrazia, diamolo a chi muore di fame
In Italia il SuperEnalotto, arrivato ad un jackpot di oltre 127 milioni di euro, continua
a sollevare anche questioni morali. Il catechismo della Chiesa cattolica afferma che
“i giochi d’azzardo o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia.
Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario
per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare
una grave schiavitù (2413)”. Il SuperEnalotto può dunque alimentare vere e proprie
patologie che portano anche a gravi perdite economiche? Risponde al microfono di Amedeo
Lomonacomons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina:
R. – Non
credo che siamo a questi livelli, anche perché la maggioranza della gente fa delle
puntate in termini piuttosto leggeri. Ci sono poi i sistemisti e tutte quelle persone
che lo fanno per mestiere: lo fanno diventare davvero un gioco che può portare a delle
perversioni e a dimenticare anche i propri doveri. Secondo me quello che più sottilmente
c’è sotto questo gioco è che si affida la vita alla fortuna. Ci si illude che questa
sia la soluzione ad ogni problema. Questo gioco, tra l’altro, fa il bene dello Stato:
chi ci guadagna di più è sempre lo Stato. In pratica, continuando a giocare ... è
come se un cittadino firmasse l’8 per mille per lo Stato!
D.
– La crisi economica e la disoccupazione sono oggi causa di gravi difficoltà per molte
famiglie. E’ morale che lo Stato proponga giochi con vincite milionarie di questo
tipo?
R. – Non è morale che si continui ad incentivare
questa sorta di speranza. E’ il modello comunicativo che dovrebbe essere un po’ più
sottotono. Si dovrebbe fare un passo indietro rispetto a questi elementi.
D.
– Proprio il rilevante spazio dato dai media, per esempio durante le estrazioni del
SuperEnalotto, è lo specchio di un Paese che vive anche d’illusioni…
R.
– Sì, però direi che un po’ tutti viviamo d’illusioni! Abbiamo tutti il desiderio
di gratuità. Oserei dire che delle volte questo desiderio è quello di un “dio” che
ci dà tutto senza che ce lo meritiamo. Evidentemente questa forma è un’idolatria,
perché non ci rivolgiamo a Dio ma ai soldi. Anche qui, come sempre, bisogna avere
saggezza. Si deve avere il coraggio e lo deve avere anche lo Stato, proprio perché
c’è una crisi economica, di non calcare eccessivamente la mano su tutta questa proposta.
D.
– Una vincita al SuperEnalotto porta ad uno stravolgimento della vita. Quali consigli
vuole dare a chi vince ingenti somme al gioco?
R.
– Il consiglio è innanzitutto quello di far silenzio, di non dir niente a nessuno,
altrimenti non si vive più. Non bisogna poi credere di aver risolto il problema della
vita: la storia dice che tutti quelli che hanno avuto vincite miliardarie sono finiti
male. Si tratta di una disgrazia, non di una fortuna. Ci si deve infine far aiutare
da persone sagge, da veri amici – che non sono quelli conosciuti dopo la vincita di
una grande somma di denaro – per poter mantenere basso il tono d’euforia e mantenere
la saggezza.
D. – E se a vincere fosse un uomo di
Chiesa?
R. – Non vorrei assolutamente essere io il
vincitore ... L’uomo di Chiesa, come tutti gli uomini, dovrebbe avere la grande saggezza
di mettere a disposizione questi soldi, che non sono nostri ma della gente che muore
di fame. Sono di tutti quelli che ne hanno bisogno per vivere!
D.
– Spesso si accosta la parola “speranza” a quest’unica probabilità su 600 milioni
di una vincita ultra milionaria. Quali sono, oggi, le autentiche speranze che possono
liberare l’uomo da vizi e schiavitù?
R. – Le autentiche
speranze sono quelle di avere una coscienza pulita, di sapere di stare a cuore a Dio
e di sapersi amati dalle persone che abbiamo accanto. Questa è la speranza più bella.
Il resto non serve.