2009-08-08 15:19:30

Matrimonio e convivenze: la riflessione del cardinale Antonelli e del prof. Dalla Torre dopo una sentenza della Cassazione


“Questa sentenza rappresenta un duro colpo per la famiglia”. Così il giurista Giuseppe Dalla Torre, rettore dell’Università Lumsa di Roma sulla sentenza della Corte di Cassazione che risolvendo un caso di furto tra ex conviventi, ha giudicato appropriato applicare le norme previste per il matrimonio, equiparando di fatto la famiglia alla mera convivenza. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato.RealAudioMP3

R. – E’ una sentenza certamente sorprendente. La Corte poteva giungere a conclusioni analoghe senza doversi necessariamente rifare al modello della famiglia, senza equiparare la famiglia cosiddetta di fatto alla famiglia vera, quella fondata sul matrimonio, partendo dalla considerazione della convivenza – che si era protratta nel tempo – e quindi dei rapporti di fiducia e di affidamento tra i conviventi stessi. E’ grave perché la Corte di Cassazione prende lo spunto da un caso che non riguarda il diritto di famiglia per fare un discorso di carattere più generale.

 
D. – L’articolo 29 della Costituzione stabilisce che famiglia è quella fondata sul matrimonio…

 
R. – C’è una differenza sostanziale, anche dal punto di vista del fatto oltre che dal punto di vista del diritto: mentre il matrimonio è l’atto di volontà pubblico, formale, con cui le due parti si assumono i doveri – oltre che i diritti – che durano nel tempo, nel caso della convivenza di fatto c’è una precarietà che può durare anche per lunghissimo tempo ma che non impegna nessuna delle due parti.

 
D. – La Cassazione ribadisce: il diritto non può non tener conto dell’evoluzione della società e aggiunge: famiglia e matrimonio hanno un significato diverso rispetto agli anni passati, in sostanza, quando sono stati inseriti nel codice. Un'affermazione preoccupante...

 
R. – Direi assolutamente di sì, per il fatto che il matrimonio è un istituto – come dice lo stesso articolo 29 della Costituzione – che ha le sue radici prima del diritto positivo. Quindi, da questo punto di vista, il diritto positivo non può che modellarsi su quel paradigma e non viceversa. Che certi fenomeni esistano, lo sappiamo. Che abbiano una qualche consistenza lo sappiamo, ma che nel sentire comune matrimonio, famiglia o mera convivenza di fatto siano la stessa cosa, direi che proprio non è.

 
D. – La Cassazione orienta il diritto. E' un colpo alla famiglia?

 
R. – E’ un grave colpo alla famiglia. Non è la prima volta che la Cassazione ha queste sbavature nella sua giurisprudenza. Ci sono dei casi nei quali è giuridicamente ed anche socialmente giusto intervenire in situazioni che nascono da una convivenza di fatto, ma la via da seguire è quella indicata, a suo tempo, dalla Corte Costituzionale con molta saggezza: intervenire per riconoscere situazioni singolari e fattispecie tipiche, senza però un’equiparazione al matrimonio e alla famiglia.

 
Ma cosa si può fare per aiutare le famiglie che oggi appaiono sempre più deboli e in crisi? Luca Collodi lo ha chiesto al cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia:RealAudioMP3

R. – Oggi le sofferenze delle persone dovute alle separazioni, ai divorzi e a tutte le forme di precarietà della coppia, le esigenze dell’educazione dei figli, specialmente considerando quell’emergenza educativa di cui ha parlato anche il Santo Padre, la coesione sociale messa a rischio da tanti aspetti della nostra convivenza, mi pare che queste cose chiederebbero di rafforzare il patto coniugale, il matrimonio e di rendere più forte ed esplicita la coscienza, la consapevolezza del ruolo pubblico della famiglia. Vedo quindi con preoccupazione questo slittare progressivamente verso una privatizzazione ulteriore della famiglia, quasi un’irrilevanza della famiglia per la società.

 
D. – Da parte di alcuni spesso si fa leva anche sul fatto che cambiano i tempi e quindi si può anche interpretare in modo diverso il significato del matrimonio...

 
R. – Le indagini sociologiche, anche recenti, in diversi Paesi, mettono in evidenza tutta una serie di benefici che la famiglia cosiddetta tradizionale porta alla società e, viceversa, i numerosi danni che le pretese nuove forme di famiglia – come la famiglia monoparentale e le convivenze di fatto – portano alla società.

 
D. – Perché il rapporto del matrimonio è differente da un rapporto di convivenza?

 
R. – Direi che contraendo un matrimonio si prende un impegno che è pubblico, non solo davanti alla Chiesa ma soprattutto davanti alla società. Quindi chi si prepara al matrimonio si dovrebbe preparare più seriamente, sapendo di andare a prendere un impegno, di fare un patto pubblico solenne e, una volta che c’è una comunione di vita nata da questo patto di matrimonio, bisognerebbe sentire una maggiore responsabilità. Credo che l’opinione pubblica, i media e le pubbliche autorità dovrebbero avere la preoccupazione e l’attenzione di sostenere il matrimonio proprio in questa prospettiva di un’educazione alla responsabilità. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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