L’annuncio di Cristo, primo fattore di sviluppo: un mese fa la pubblicazione della
Caritas in veritate. Benedetto XVI incoraggia l’economia di comunione
Un mese fa la pubblicazione di Caritas in veritate, prima Enciclica sociale
di Benedetto XVI. Il documento, che ha suscitato uno straordinario interesse a livello
mondiale e consensi trasversali, è diventato un best seller in numerosi Paesi. L’Enciclica,
fin dall’incipit, sottolinea che lo “sviluppo umano integrale” ha bisogno della verità
e della carità. Un binomio che rappresenta la chiave di lettura di tutta la Caritas
in veritate. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“La Carità
nella verità, di cui Gesù s’è fatto testimone” è “la principale forza propulsiva per
il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”. Benedetto XVI lo sottolinea
subito nella “Caritas in veritate” e ribadisce che “amore e verità” sono la “vocazione
posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo”. D’altro canto, avverte, dato il
rischio di fraintendere la carità, “di estrometterla dal vissuto etico”, va coniugata
con la verità. Senza di essa, infatti, annota il Papa, “la carità scivola nel sentimentalismo.
E rileva: “Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato
per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali”.
Lo sviluppo ha bisogno della verità, ribadisce il Pontefice, perché senza di essa
“l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti
disgregatori sulla società”. Come Paolo VI nella “Populorum Progressio”, Benedetto
XVI afferma che “l’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo”.
Uno “sviluppo umano integrale” che può essere perseguito solo “con la carità illuminata
dalla luce della ragione e della fede”. “Senza la prospettiva di una vita eterna –
è il monito del Papa – il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro”.
Ecco perché “le istituzioni da sole non bastano”. Senza Dio, soggiunge, lo sviluppo
viene negato, “cade nella presunzione dell’auto-salvezza e finisce per promuovere
uno sviluppo disumanizzato”. Per questo, afferma, “l’umanesimo che esclude Dio è un
umanesimo disumano”. “Caritas in veritate” rimarca che l’umanesimo cristiano, ravvivato
dalla carità e guidato dalla verità, è “la maggiore forza a servizio dello sviluppo”.
E’ l’amore, di Dio, l’umanesimo aperto all’Assoluto, ci ricorda il Papa, che “ci
dà il coraggio di operare e proseguire nella ricerca del bene di tutti”. Nella
Caritas in veritate, in particolare nel terzo capitolo, il Papa elogia l’esperienza
del dono e della gratuità nei rapporti economici ed incoraggia l’economia di comunione.
Un’esperienza, quest’ultima, nata nel 1991 in Brasile nell’alveo del Movimento dei
Focolari. Ad un suo promotore, il dottor Alberto Frassinetti - già dirigente
industriale ed ora consulente d’impresa - Alessandro Gisotti ha chiesto di
spiegare i tratti distintivi dell’economia di comunione:
R. - L’idea
è quella di avere delle aziende che stanno sul mercato come tutte le altre, aziende
che nascono per fare profitti ma che dividono questi profitti in tre parti: una parte
viene destinata ad ai poveri con dei progetti di aiuto e di emersione dalla povertà;
un’altra parte viene destinata per formare dei giovani a questa nuova cultura della
gratuità, della fratellanza universale. E infine, una parte resta in azienda proprio
per sviluppare l’azienda affinché possa continuare a prosperare e a produrre ancora
utili negli anni a venire. D. – Può fare riferimento ad un’esperienza
concreta? R. - Un’azienda dove stiamo facendo consulenza e che
all’inizio dell’anno era in crisi, ha visto il suo mercato calare del 40 per cento.
Il titolare ha riunito tutti i responsabili attorno a un tavolo ha detto: “Bene, adesso
fatevi venire delle idee”. Da soli hanno deciso di varare un progetto di risparmio,
che dopo quattro mesi aveva fruttato più di 25 mila euro di risparmi fra telefoni,
luce e quant’altro. Il titolare ha deciso di dedicare una parte di questi risparmi
a un progetto di aiuto per i poveri che fosse scelto dagli stessi dipendenti. Per
loro è stata una gratificazione così importante che ognuno si è impegnato ancora maggiormente
all’interno dell’impresa. Oggi, questa è un’impresa commerciale che non ha dovuto
mandare ancora a casa nessuno. D. - Quali spazi di crescita
ha l’economia di comunione? R. - A mio avviso ci sono ampi margini
di miglioramento. Oggi è chiaramente un’esperienza di nicchia. L’economia di comunione
è un’esperienza di uomini. Non servono idee imprenditoriali nate a tavolino, ma servono
uomini con idee e con coraggio, che abbiano voglia di intraprendere una strada che
sia una strada non solo per se stessi ma anche per gli altri. L’esempio tipico è il
Polo Lionello Bonfanti che noi abbiamo costruito da poco ad Incisa, in Val d’Arno.
Si tratta del polo italiano delle aziende di economia di comunione: ne raccoglie circa
23. E’ l’espressione più concreta di una dimensione di gratuità e del fatto che un’economia
del genere non è solo per addetti ai lavori ma è anche per casalinghe, insegnanti,
studenti, e per chiunque creda in un progetto dove l’economia sia uno strumento per
migliorare il benessere di tutti quanti.