I vescovi dell'Ecuador chiedono giustizia, libertà e pace per il Paese
“Come pastori di questo Paese non smetteremo mai di chiedere che la politica si fondi
sulla morale e sull’etica”. Così, i vescovi dell’Ecuador, in un documento pubblicato
ieri in occasione, il prossimo 10 agosto, del bicentenario dell’indipendenza nazionale,
una ricorrenza celebrata negli ultimi mesi già da numerose nazioni latinoamericane.
Ricordando il “grido liberatorio” di due secoli fa, i presuli ricordano che fin dall’inizio,
la costruzione della nazione ecuadoregna è stata legata alla Croce e alla fede cattolica:
“la Chiesa ha forgiato la nazionalità del Paese e, con la sua influenza religiosa
e spirituale, è diventata “un fattore che ha irrobustito la nostra identità, umanizzato
la vita sociale, e arricchito profondamente la cultura nazionale”. Per la Chiesa in
Ecuador, questa ricorrenza rappresenta soprattutto un’occasione per rendere grazie
al Signore, grazie per i tanti doni ricevuti e, in primo luogo, per la “libertà religiosa
che riconosce il diritto a vivere senza impedimenti la propria fede, sia nella dimensione
personale, sia in quella associata”. Il rispetto di questa libertà, sottolineano i
vescovi ecuadoregni, ha consentito alla comunità ecclesiale di offrire il proprio
contributo nei campi dell’educazione, dell’assistenza e della promozione umana. E,
allo stesso tempo, ha lasciato spazio agli interventi pastorali su questioni di ordine
sociale, politico, economico e culturale. Si è trattato sempre, e così sarà nel futuro,
di indicare criteri e principi utili a quanti si impegnano in attività pubbliche e
politiche. Si è trattato, inoltre, di trasmettere dei contenuti che stimolassero le
strutture sociali a edificare una società giusta, fraterna e incentrata “sui valori
umani fondamentali”. La Chiesa ecuadoregna ritiene questo spazio d’azione sufficiente
e ribadisce il valore di queste libertà indispensabili. “Non abbiamo bisogno di privilegi
né tantomeno di onori – aggiungono i presuli –. Vogliamo solo servire. Negli ultimi
tempi, la nostra democrazia ha vissuto momenti di tensione. Abbiamo assistito a una
profonda riorganizzazione della legislazione in vigore e le autorità hanno goduto
di un consenso maggioritario. (…) A partire da questa realtà, occorre affrontare con
ottimismo il futuro, individuando ciò che unisce e allontanando ciò che divide. Occorre
placare gli scontri e alimentare una concordia feconda”. D’altra parte, i vescovi
dell’Ecuador ricordano e sottolineano che la Missione continentale in corso si svolge
con questo spirito. La Chiesa, infatti, è convinta che “l’azione delle autorità debba
essere sempre al servizio della dignità delle persone e delle altre realtà che la
costituiscono, a partire dalla famiglia”. Prima di concludere, i presuli rivolgono
un pensiero speciale alle persone che soffrono “condizioni di vita” avvilenti per
la loro dignità e rinnovano l’appello a tutto il Paese perché si intensifichino gli
sforzi volti a far sì che la democrazia si rafforzi ed abbia “come colonne portanti
la verità, la giustizia, la libertà e la pace”. (L.B.)