Potenzialità e rischi dei social network: la riflessione di mons. Paul Tighe
Trovano ampia eco sulla stampa le dichiarazioni dell’arcivescovo di Westminter e primate
d'Inghilterra e Galles, mons. Vincent Nichols, a proposito dei social network e del
rischio di alienazioni e superficialità che hanno un legame con il numero di suicidi
tra i giovani. Va detto che l’arcivescovo ha parlato del caso della ragazza di 15
anni che la scorsa settimana si è tolta la vita in Gran Bretagna dopo essere stata
vittima di bullismo su una chat di un social network chiamato Bebo. In ogni caso,
mons. Nichols ha sottolineato che i rischi sono legati a un uso eccessivo di questi
strumenti di comunicazione così come di messaggini e email. Ma per una riflessione
a partire dal punto di vista della Chiesa cattolica Fausta Speranza ha intervistato
mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.
R. – Io sono
venuto a Roma per la prima volta 25 anni fa; a quel tempo, per sentire i miei genitori
era necessario recarsi in centro, a Piazza San Silvestro, presso la centrale telefonica
italiana, aspettare mezz’ora e sperare di trovare una linea telefonica. Ora, invece,
ricevo ogni mattina un sms dai miei genitori. E’ un esempio molto semplice di come
i nuovi mezzi ci consentono di mantenere rapporti che, in altri tempi, non sarebbe
stato possibile mantenere. E questa è una benedizione. Ci permettono anche di essere
molto più informati sulle cose che accadono nel mondo, e questa è una potenzialità
importante. Nel suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni di quest’anno,
il Papa ha parlato in termini molto positivi della potenzialità dei mezzi per creare
comunità e per aiutare i giovani a mantenere e sviluppare amicizie. Mi sembra importante
non dimenticare questo aspetto, che è facile dare per scontato …
D.
– Molto probabilmente, mons. Nichols dando per scontate tutte queste potenzialità
che ha sottolineato il Papa, ha poi messo però l’accento su alcuni rischi …
R.
– Sì: l’arcivescovo parla di un uso eccessivo. Nel caso di un uso eccessivo dei mezzi
digitali ci può essere il rischio che venga un po’ frenata la possibilità di avere
amicizie diciamo così “normali”. Ma anche questo è stato sottolineato dal Papa: ha
detto che la comunicazione digitale potrebbe condurre a meno comunicazione a livello
di famiglia, con gli amici, con i colleghi di lavoro.
D.
– Senz’altro, trovarsi in un’occasione di incontro personale con una comunicazione
anche non verbale è una ricchezza diversa …
R. –
Diciamo che il concetto di amicizia, che è molto importante nel mondo del social network,
è un concetto molto importante anche nella tradizione cattolica e cristiana. E’ bello
che per i giovani sia tuttora molto importante il concetto di amicizia, ma è necessario
essere attenti a non svuotare questo concetto. Quello che mi piace del discorso dell’arcivescovo
Nichols è che ha fatto riferimento ad un concetto di amicizia che ha a che fare più
con la quantità che non con la qualità: ci sono giovani che affermano di avere 200,
300 amici su Facebook, ma non è la stessa cosa di avere un vero amico che ti sta accanto,
che ti capisce, che ti aiuta, che ti sfida, come anche succede spesso nella vita.
Si riferiva, peraltro, ad un contesto molto particolare: c’è stato un caso, in Inghilterra,
di una giovane che si è suicidata e sembra che abbia sofferto di una sorta di bullismo
su un social network. Ecco perché mons. Nichols intendeva sottolineare alcuni rischi:
una cosa che aveva già fatto il Papa, ricordando che quando trattiamo con le persone
attraverso i nuovi mezzi della comunicazione dobbiamo essere sempre attenti a rispettare
il prossimo. E questo è un aspetto fondamentale.
D.
– E’ fondamentale in qualunque tipo di relazione …
R.
– In qualsiasi rapporto! Diciamo che quello che il Papa ha fatto è aver riconosciuto
l’importanza dei social network nella vita dei giovani di oggi, ma ha anche detto
loro quanto sia importante non trascurare i loro valori personali, tra cui la fede.
Ha detto che questi mezzi possono essere usati per condividere la fede e altro, sempre
rapportandosi con rispetto alle persone con cui si sta dialogando.
D.
– A proposito del problema dei suicidi, che purtroppo in Europa colpisce un numero
alto di ragazzi: il problema non è né Facebook né gli sms e né le e-mail ma piuttosto
è nella precarietà delle relazioni e anche nella precarietà della costruzione di
se stessi. Nel momento in cui vengono meno le relazioni ci si può ritrovare con un
senso di vuoto e incapaci di sostenere tutto ciò che la vita comporta, quindi tutta
la bellezza ma anche tutta la complessità …
R. –
Io credo che sia molto importante che la Chiesa cerchi di appoggiare la famiglia,
perché la comunicazione all’interno della famiglia rimane fondamentale. Non si tratta
di dire ai giovani che non possono avere contatti digitali con il social network,
ma è necessario far sì che questi contatti non servano a separare il figlio o la figlia
dalla vita normale della famiglia.