2009-08-02 14:23:34

Il cardinale Bagnasco: amarezza per la RU486. Società meno umana dove prevale il diritto del più forte


“Ho avuto una reazione di tristezza, di amarezza e di preoccupazione” perché una libertà di scelta che si pretende assoluta, cioè indipendente dai diritti altrui, fa prevalere “il diritto del più forte”: così “la società è meno umana”: è quanto ha detto il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, in un’intervista al quotidiano Avvenire, commentando la decisione dell'Aifa, l’Agenzia del Farmaco, di autorizzare la commercializzazione della pillola abortiva RU486 in Italia. Per il Movimento per la Vita dietro il prodotto ci sono interessi ideologici e commerciali che, tra l’altro, non tengono conto del fatto che la mortalità delle donne per aborto farmacologico è dieci volte maggiore di quella per aborto chirurgico. Pareri negativi anche da molti psicologi. In particolare i Centri di Aiuto alla Vita denunciano le gravi conseguenze derivanti da questa forma di “aborto fai da te” che consegna le donne alla loro solitudine. Ascoltiamo la dottoressa Eva Vergani, psichiatra del direttivo nazionale del Movimento per la Vita, al microfono di Paolo Ondarza:RealAudioMP3

R. - Oggi questo strumento di aborto in realtà vanifica tutto quello che può essere un intervento di solidarietà e di sostegno rispetto all’accoglienza del figlio. Non sono parole, ma partono dall’esperienza proprio immediata e concreta. In questi giorni nascerà una bella bimba: questa bimba nasce da una mamma che è contenta di averla, dopo molto travaglio. Qualche mese fa questa donna andò a cercare la RU486: andò all’estero, ma nel consultorio non le si poté prescrivere la RU486 perché era superato di un giorno il termine. Prenotò l’aborto chirurgico e in quel breve intervallo si inserirono altri contatti, altre persone, altre presenze che le fecero vedere una possibilità diversa che passava attraverso l’accoglienza del figlio. Questa bimba nasce in questi giorni.

 
D. - E se invece avesse trovato la pillola, probabilmente non avrebbe più cercato un aiuto, un sostegno psicologico ...

 
R. – Ma no! Io non ho avuto in terapia donne che hanno abortito con la RU486. Certo, la documentazione che ho io è quella di un dramma vissuto fortemente in quel tempo di attesa dell’aborto, del tempo nel quale non c’è ritorno: e questo è un dato che va tenuto presente. Io ho parecchie situazioni di donne che sono scese dal lettino. Anche nei nostri ospedali viene detto fino all’ultimo momento: puoi tornare indietro. Quindi, vuol dire che è possibile, questa cosa. Invece, chi torna indietro di lì? Allora, io colgo soltanto alcuni elementi che mi dicono che viene aggravato l’isolamento – sicuramente! – perché fai tutto per conto tuo; viene indotto – di più! – un comportamento di occultamento di quello che stai facendo, quindi di isolamento maggiore; viene portata, l’esperienza, in un modo drammatico, nell’attesa di due o tre giorni. Ecco, io vorrei che qualcuno mi spieghi come questi elementi possano essere a favore della donna. Vedo, invece, che c’è di mezzo sicuramente un interesse dal punto di vista economico, dal punto di vista delle cause farmaceutiche; e vedo un interesse molto forte da parte dei medici e dei ginecologi.

 
D. - Un interesse che potrebbe portare un giorno la pillola RU486 anche sul banco delle farmacie?
 
R. – Io non credo, perché c’è la drammatica esperienza della Cina: senza che si sia mai saputo perché, dopo un po’ di anni la Cina fece marcia indietro e la tolse dal prodotto di banco. Ora, non è che la Cina sia così favorevole all’accoglienza del figlio, lo sappiamo bene. Perché tornò indietro? Io immagino che tornò indietro perché c’era una mortalità molto alta.







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